All’1.08 del mattino del 24 giugno (ora della costa orientale degli Stati Uniti), il presidente Donald Trump annuncia sui social media che la tregua tra Iran e Israele è “ora in vigore”, mettendo forse fine a dodici giorni di scontri intensi tra i due paesi e permettendogli di evitare una guerra regionale più ampia e distruttiva. “Per favore non violatela!”, scrive Trump a lettere maiuscole.
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Alle 6.50 il governo israeliano del primo ministro Benjamin Netanyahu sta già inviando l’aviazione per rispondere, secondo le autorità del paese, a una violazione iraniana del cessate il fuoco che sta avvenendo in quel momento. Trump torna sul social media Truth. “Israele. Non sganciate quelle bombe”, scrive il presidente sempre a lettere maiuscole. “Fate tornare a casa i vostri piloti, subito!”. Questi colpi di scena notturni nel momento più distruttivo del conflitto che da decenni contrappone Iran e Israele hanno messo in luce il modo, tipicamente trumpiano, con cui il presidente degli Stati Uniti ha gestito le ostilità: commenti continui sui social media, a volte bellicosi, a volte conciliatori, sempre carichi di opinioni non filtrate sulla guerra.
Negli ultimi giorni Trump ha pubblicato informazioni online in tempo reale sul conflitto: prima ha annunciato il raid degli Stati Uniti contro tre siti nucleari in Iran il 22 giugno; poi ha suggerito che il regime della guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, dovrebbe essere rovesciato; quindi ha chiesto a gran voce che “tutti” mantengano bassi i prezzi del petrolio (nel frattempo ha continuato a pubblicare il solito repertorio di sondaggi favorevoli e un’immagine con la scritta: “Trump aveva ragione su tutto”).
L’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti, Yechiel Leiter, parlando con i giornalisti a Washington il 24 giugno, ha detto di vedere una logica nella raffica di dichiarazioni del presidente, spesso enfatiche e talvolta contraddittorie, sui social media. “Ognuna è come uno strumento che suona da solo”, ha detto Leiter. “Insieme, formano un concerto.”
L’ultima raffica di diplomazia da social media Trump l’ha cominciata il 23 giugno su Truth Social, dopo una rappresaglia dell’Iran contro la base aerea statunitense di Al Udeid, in Qatar, bersagliata di missili. Trump si è vantato su Truth Social della “risposta molto debole” di Teheran e ha affermato che nessun missile aveva raggiunto l’obiettivo. “Forse ora l’Iran può proseguire verso la Pace e l’Armonia nella Regione, e io incoraggerò con entusiasmo Israele a fare lo stesso”, ha scritto. E, come in altri post della settimana, ha concluso con: “Grazie per l’attenzione su questo tema!”.
Più tardi, verso le 18, ha annunciato che i due paesi avevano raggiunto un accordo per un cessate il fuoco, che sarebbe entrato in vigore in più fasi durante la notte. La tregua, “nell’ipotesi che tutto funzioni come previsto”, avrebbe messo fine a quella che lui ha definito “la guerra dei dodici giorni”. Nella tarda serata del 23 giugno e poi di nuovo all’1.08 del giorno dopo, Trump ha avvertito entrambi i paesi di rispettare l’accordo. Molti dettagli, però, sono rimasti poco chiari, in particolare i tempi e le fasi previste. L’Iran inizialmente ha negato che fosse stato raggiunto un accordo.
Impulsività permettendo
Secondo le autorità statunitensi e israeliane, Tel Aviv ha lanciato una serie di attacchi contro l’Iran intorno alle 3 del mattino (ora locale), affermando di aver preso di mira forze iraniane a Teheran. Poco prima delle 7, quando il cessate il fuco doveva entrare in vigore, l’Iran ha risposto con un lancio di missili, stando a quello che hanno riferito alcuni funzionari iraniani e israeliani. Israele ha accusato l’Iran di aver fatto altri lanci anche in seguito (Teheran nega). L’aviazione israeliana ha reagito facendo decollare dei caccia diretti verso l’Iran.
La schermaglia ha fatto infuriare Trump. Prima della sua partenza per il vertice Nato del 24 e 25 giugno all’Aja, nei Paesi Bassi, ha detto ai giornalisti davanti alla Casa Bianca che Iran e Israele “combattono da tanto tempo e in modo così feroce che non sanno più che cazzo stanno facendo”. A bordo dell’Air Force One, l’aereo dei viaggi ufficiali del presidente degli Stati Uniti, Trump ha telefonato a Netanyahu, chiedendogli di cancellare qualunque altro attacco. Il leader israeliano ha accettato di contenere la reazione del suo paese, ha riferito un funzionario dell’amministrazione Trump, che ha parlato a condizione di restare anonimo a causa della delicatezza del tema. Secondo l’ufficio di Netanyahu, la maggior parte degli attacchi è stata annullata e Israele ha colpito solo un radar.
Nel tardo pomeriggio del 24 giugno in Medio Oriente la tregua reggeva, ha riferito un funzionario della sicurezza israeliana, aggiungendo che erano stati gli iraniani a violare per primi il cessate il fuoco, provocando il raid aereo israeliano che Trump aveva chiesto di cancellare. Entrambi i paesi negano di aver violato l’accordo e l’Iran ha accusato a sua volta Israele di averlo infranto.
Secondo gli esperti sarà molto difficile far durare il cessate il fuoco, anche per l’impulsività del presidente statunitense. “Sarà una tregua fragile, e le continue provocazioni di Trump rischiano di compromettere in qualunque momento la debole base dell’accordo”, ha detto Brian Katulis, ricercatore al Middle East Institute. “Ma la regione rimane orientata a spegnere l’escalation, in particolare gli stati del Golfo come Oman, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar.” Gli stati del golfo Persico, ha aggiunto Katulis, “hanno fatto silenziosamente da ammortizzatori durante questa guerra e continueranno a farlo”.
A bordo dell’Air Force One, i dettagli della confusa sequenza notturna di eventi sembravano svanire mentre Trump pubblicava sui social media una nuova serie di messaggi su altri temi: le spese per la difesa europea, le iniziative del suo governo per l’espulsione degli immigrati, e l’uso della guardia nazionale contro i manifestanti in California. Ma ha anche continuato a celebrare quella che considera una grande vittoria, lasciando intendere (come ha suggerito ripostando alcuni messaggi) di essere in corsa per il premio Nobel per la pace. La guerra è finita – per ora – ma i commenti del presidente sui social continuano.
“Nessuno si farà male, il cessate il fuoco è in vigore”, ha scritto su Truth. “Grazie per l’attenzione su questo tema!”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1620 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati