I libri italiani letti da un corrispondente straniero. Questa settimana Michael Braun del quotidiano berlinese Die Tageszeitung.
Era una forza politica strana il Partito comunista italiano, rinato nella resistenza e diventato partito di massa dopo il 1943. Sotto la guida di Palmiro Togliatti professava la sua lealtà indiscussa all’Unione Sovietica di Stalin e allo stesso tempo si concepiva come “partito nuovo” intento a seguire una via italiana al socialismo. Questa duplicità richiedeva un doppio sforzo pedagogico verso gli attivisti, gli iscritti e le masse (in un’Italia ancora semianalfabeta), in cui l’editoria del partito ebbe un ruolo centrale. Nella sua rigorosa ricerca storica Elisa Rogante ricostruisce gli sforzi del Pci di dotarsi di proprie case editrici. Le loro linee editoriali rispecchiavano le due facce del partito: se da un lato volevano educare i suoi seguaci a essere bravi marxisti-leninisti in salsa staliniana, dall’altro fin dall’inizio si adoperarono con uguale convinzione per diffondere le opere di Antonio Gramsci, pensatore lontano dalle incrostazioni dogmatiche del marxismo sovietico. Scopriamo un partito – e il suo leader Togliatti – ancora fermo nei suoi dogmatismi, ma pronto a concedere spazi di autonomia al mondo intellettuale insoliti nell’universo comunista. Il lavoro di Rogante aggiunge un altro prezioso tassello per capire il Pci, una “giraffa” con il cuore in Unione Sovietica, ma con la testa (lontana dal cuore) in Italia.
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Questo articolo è uscito sul numero 1425 di Internazionale, a pagina 89. Compra questo numero | Abbonati