I libri italiani letti da un corrispondente straniero. Questa settimana Michael Braun del quotidiano berlinese
Die Tageszeitung.

È un vivo per caso, Marco Bechis. Lui, ventenne italo-cileno cresciuto a Buenos Aires, nel 1977 fu sequestrato e trascinato in uno dei centri di detenzione e tortura della dittatura militare del generale Jorge Videla. La colpa di Bechis: aveva bazzicato gli ambienti dei Montoneros, la guerriglia urbana attiva in quegli anni in Argentina, anche se aveva sempre rifiutato la scelta della lotta armata. Questo non lo salvò dall’arresto, dalla tortura e dai trattamenti deumanizzanti a cui erano sottoposti i detenuti, chiusi seminudi e bendati in un sotterraneo 24 ore su 24, prelevati ogni tanto per essere sottoposti a scosse elettriche mentre altri aguzzini giocavano a ping pong in una sala accanto. Lui si sarebbe salvato, a differenza di migliaia di desaparecidos, grazie al passaporto italiano. Bechis racconta, in maniera atroce quanto asciutta, l’esperienza che lo ha segnato per tutta la vita. Lo aveva già fatto nei suoi film, a cominciare da Garage Olimpo. Ora invece ci fornisce il suo memoir che spazia dal 1977 al 2010, anno in cui tanti suoi aguzzini furono condannati all’ergastolo: un testo intenso e importante non solo per capire la dittatura militare argentina, ma anche un testo paradigmatico che rende per intero il significato del concetto “crimini contro l’umanità”.

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Questo articolo è uscito sul numero 1411 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati