Dal 28 aprile in Colombia le proteste vanno avanti senza sosta anche se il paese è nel pieno della terza ondata della pandemia. Dopo il Brasile e il Messico è il terzo paese latinoamericano per numero di contagi e di vittime causate dal covid-19. Dal 2020 la povertà è salita al 42 per cento, l’aumento più alto in un decennio. Oggi il 15 per cento dei colombiani vive in estrema povertà e non riesce a mangiare tre volte al giorno.

È in questo contesto che a metà aprile il ministro delle finanze Alberto Carrasquilla ha annunciato la riforma fiscale più ambiziosa degli ultimi anni. Il governo voleva in primo luogo ridurre l’elevato debito del paese e frenare un peggioramento della valutazione delle agenzie di rating. E solo in minima parte aspirava a investire in programmi sociali.

La riforma, chiamata dall’esecutivo “legge di solidarietà sostenibile”, era impopolare ancora prima che se ne conoscesse il contenuto. Tuttavia il suo destino è stato deciso nelle piazze, non in parlamento. I sindacati operai avevano convocato da tempo uno sciopero nazionale per il 28 aprile. Poi, quando sono stati resi noti i dettagli della proposta, la manifestazione si è trasformata in una critica alla riforma e al ministro che l’aveva ideata. Il malessere nasceva da alcuni punti in particolare, come l’aumento dell’iva sui servizi pubblici, le imposte sui combustibili e il congelamento degli stipendi dei dipendenti statali. La pressione fiscale non avrebbe colpito le fasce più ricche della società ma il ceto medio, già messo alla prova dalle restrizioni imposte durante la pandemia. In Colombia la cosiddetta classe media è un grande gruppo formato principalmente da persone che guadagnano poco e hanno una scarsa capacità contributiva.

Le manifestazioni sono state molto partecipate perfino nelle città meno popolose e più conservatrici, quindi più vicine al governo del presidente Iván Duque. E sono andate avanti di notte nonostante il coprifuoco in vigore in molte zone del paese. A Cali, che oggi si fa chiamare “capitale della resistenza”, le proteste sono particolarmente intense. I leader locali delle grandi città come Bogotá, Medellín e la stessa Cali non solo hanno sfidato il coprifuoco, ma si sono anche schierati esplicitamente contro la militarizzazione delle strade ordinata dal governo.

Dall’inizio delle proteste l’organizzazione per la difesa dei diritti umani Temblores ha denunciato 47 vittime e più di mille casi di abusi da parte della polizia, compresi episodi di violenza sessuale contro le donne. Il difensore del popolo parla di 88 persone scomparse, mentre secondo diverse ong sarebbero 170. Molti temono che a causa dell’inefficienza del sistema giudiziario colombiano questi crimini restino impuniti. I mezzi d’informazione e le autorità hanno parlato di attacchi gravi e ingiustificabili contro la polizia, e di atti vandalici contro la proprietà pubblica e privata.

La Colombia ha alle spalle una storia di conflitti civili troppo lunga per ignorare che la violenza genera ancora più violenza. Le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze dell’ordine in Colombia in quattro giorni superano quelle commesse in Cile durante le proteste del 2019.

Primo successo

In mezzo a quest’ondata di violenza, il 2 maggio i manifestanti hanno ottenuto una prima vittoria: Duque ha annunciato il ritiro della riforma fiscale e ha accettato le dimissioni del ministro Carrasquilla.

Il governo in carica non è mai stato particolarmente apprezzato, ma la gestione della pandemia ha sicuramente peggiorato l’immagine di Duque, facendogli perdere popolarità tra i colombiani. Da più di un anno il parlamento lavora in remoto e fa poco per svolgere la sua funzione di controllo politico. Per ora la strategia del governo è la stessa del 2019, quando migliaia di persone scesero in piazza contro l’esecutivo: cercare di avviare un dialogo. Invece quello che servirebbe è una trattativa seria. Inoltre, davanti agli abusi della polizia, non è chiaro se questo timido tentativo di dialogare possa riportare la calma e ridare fiducia ai settori che manifestano. Alcuni manifestanti e l’ala di estrema destra del partito di governo, Centro democrático, hanno addirittura chiesto le dimissioni del presidente. La sfiducia dei cittadini, unita alla crisi sanitaria, economica e politica, sembra essere un peso troppo grande da sopportare per Duque. Ma nel sistema presidenziale non ci sono vie d’uscita facili per un governo che affronta una crisi di queste dimensioni.

Il governo e il partito del presidente escono molto indeboliti dalle proteste, tuttavia non è facile identificare i vincitori politici in questa crisi. Ne escono senz’altro rafforzati i partiti all’opposizione, che si sono schierati contro la riforma fiscale e hanno partecipato alle manifestazioni in varie città. Il cosiddetto patto storico, un’alleanza attorno al candidato di sinistra Gustavo Petro, sembra prendere slancio. Secondo i sondaggi più recenti, Petro è in testa alle intenzioni di voto delle elezioni presidenziali del 2022.

Indipendentemente da chi ne uscirà politicamente rafforzato, queste giornate sono un precedente importante per il paese. Le manifestazioni segnano il risveglio democratico dei colombiani e rivelano una nuova attenzione verso i temi di giustizia sociale. I cittadini vogliono che le politiche pubbliche siano decise in accordo con loro, non alle loro spalle. Per realizzare dei cambiamenti strutturali e trasformare la società, servirà un’alleanza in grado di ottenere la fiducia di gran parte della popolazione.

I colombiani chiedono una democrazia più inclusiva, con politiche sociali ed economiche più eque. E i partiti dovranno accettare che le riforme siano il risultato di una mediazione e di una discussione ampia con diversi settori della società. La strada verso una pace stabile e verso la giustizia sociale dipende anche da una soluzione negoziata di questi conflitti, dal consolidamento delle istituzioni democratiche e dal rispetto dei diritti umani. ◆fr

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1409 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati