Dopo che il leader conservatore Stephen Harper ha vinto le elezioni federali canadesi del 2011, l’opinionista John Ibbitson e il sondaggista Darrell Bricker hanno pubblicato un libro, intitolato The big shift, in cui prevedevano uno spostamento a destra del paese a livello politico e culturale. Secondo loro le città più progressiste come Toronto e Montréal, da tempo epicentri della politica e della finanza del paese, avrebbero perso influenza a favore delle regioni del Canada occidentale e dei sobborghi dell’Ontario, posti più conservatori che avevano contribuito in modo decisivo alla vittoria di Harper.
Poi il leader di centrosinistra Justin Trudeau ha ottenuto una vittoria clamorosa alle elezioni del 2015, ristabilendo il dominio che il Partito liberale aveva mantenuto per gran parte del ventesimo secolo. Lo stesso anno la provincia dell’Alberta, culla della moderna politica di destra in Canada, ha bocciato i conservatori, dando la maggioranza alla sinistra del Nuovo partito democratico. Ma negli anni successivi i conservatori hanno costantemente eroso il vantaggio dei liberali, conquistando la maggioranza dei voti a livello nazionale (ma senza ottenere la maggioranza dei seggi alla camera) alle elezioni federali del 2019 e del 2021. Nel 2022 il partito ha scelto come leader Pierre Poilievre, parlamentare dell’area di Ottawa, e sembravano destinati a stravincere le elezioni del 2025.
Favoriti dall’impopolarità di Trudeau, dall’aumento del costo della vita e dallo stile politico aggressivo di Poilievre, negli ultimi due anni i conservatori hanno mantenuto un vantaggio nei sondaggi talmente stabile e netto da far sembrare scontato il risultato delle imminenti elezioni. Nell’estate 2024 i conservatori hanno ottenuto una vittoria senza precedenti alle elezioni di Toronto, innescando una serie di dimissioni nel governo e spingendo molti alleati di Trudeau a schierarsi contro di lui. A un certo punto i conservatori hanno perfino accarezzato il sogno di un successo elettorale così ampio da non dover accettare compromessi ideologicamente e politicamente dolorosi.
A differenza dei suoi predecessori alla guida del partito, Poilievre ha conquistato la guida dei conservatori con un approccio molto ideologico e da allora è rimasto saldamente ancorato a destra, cosa che gli ha permesso d’intercettare gran parte dell’energia generata dal cosiddetto Convoglio della libertà, il movimento di protesta lanciato dai camionisti contro gli obblighi vaccinali nel 2022. Poilievre ha rivendicato proposte controverse e impopolari (come quella di privare di fondi l’emittente pubblica Cbc) e si è schierato senza esitazioni con la destra vicina a Donald Trump.
A livello concreto le sue idee seguono l’ortodossia del conservatorismo canadese. A livello stilistico, invece, il candidato della destra ha abbandonato la retorica indecisa dei suoi predecessori, adottando un atteggiamento aggressivo e provocatorio che prende di mira le “élite”. Invece di sforzarsi di sembrare rispettabile, Poilievre ha cercato di mobilitare la parte più radicale dell’elettorato conservatore e ha guadagnato consensi, anche tra i giovani, spostando l’attenzione sull’inflazione e il costo degli alloggi.
◆ Il 28 aprile 2025 i canadesi andranno alle urne per rinnovare il parlamento. Le elezioni avrebbero dovuto tenersi a ottobre, ma sono state anticipate dopo le dimissioni del premier Justin Trudeau, del Partito liberale. Il leader del partito che avrà ottenuto la maggioranza dei seggi alla camera sarà incaricato di formare il prossimo governo. I seggi sono assegnati con un sistema elettorale maggioritario a turno unico (il candidato che prende un voto in più conquista il seggio) in 343 distretti elettorali. Se nessun partito ottiene la maggioranza assoluta dei seggi si forma un governo di minoranza.
◆ Secondo i sondaggi è favorito il liberale Mark Carney, che ha un vantaggio di sei punti percentuali su Pierre Poilievre, candidato del Partito conservatore. Gli altri candidati sono Jagmeet Singh, leader del Nuovo partito democratico (di sinistra), e Yves-François Blanchet del Bloc Québécois. Cbc
Cugino repubblicano
Negli ultimi mesi però è cambiato tutto. All’inizio dell’anno Trudeau ha lasciato la guida del Partito liberale e del governo, ed è stato sostituito da Mark Carney, ex capo della banca centrale. A quel punto i conservatori hanno perso l’avversario su cui avevano puntato tutta la campagna elettorale. Carney, un politico che si mostra calmo e affidabile, ha rapidamente guadagnato consensi in una fase di instabilità politica. Dopo che Trump ha minacciato dazi contro il Canada e ha cominciato a parlare di annessione, uno scontro elettorale che sembrava doversi decidere sull’inflazione si è spostato sul terreno della politica commerciale e dell’unità nazionale, temi scomodi per i conservatori.
La campagna elettorale canadese è stata segnata dalla crescente ostilità nei confronti degli Stati Uniti di Donald Trump e dal ritorno di uno spirito di unità nazionale. “Per la prima volta dall’invasione dell’Iraq, l’inno nazionale statunitense viene fischiato prima delle partite di hockey”, scrive The Walrus. “I canadesi hanno cominciato a boicottare i prodotti statunitensi, i sondaggi rilevano un’ondata di orgoglio nazionale che supera le tradizionali divisioni di età, lingua e geografia, mentre i leader politici prendono in considerazione misure che fino a poco tempo fa sarebbero state impensabili, come dazi di ritorsione sulle importazioni statunitensi, l’interruzione della fornitura di energia idroelettrica al nordest degli Stati Uniti e la cancellazione di contratti miliardari con multinazionali di oltreconfine”.
A un livello più profondo, lo scontro con l’amministrazione Trump sta spingendo il paese a fare valutazioni sulla sua identità e sul suo ruolo nel mondo. Per decenni i leader politici del Canada hanno dato per scontato che una profonda integrazione economica con gli Stati Uniti fosse nell’interesse di tutti i canadesi. Ma il rapporto è sempre stato sbilanciato a favore degli Stati Uniti, che hanno un’economia molto più grande di quella canadese, e ora che a Washington c’è Trump si teme che possa usare la leva economica per intaccare la sovranità canadese. Come rispondere? “C’è chi pensa che il Canada debba resistere in ogni modo, anche stravolgendo il suo modello economico e a costo di grandi sacrifrici”, scrive lo storico Laurence Mussio sul Globe and Mail. Ma per realizzare uno scenario del genere servirebbe una convergenza di interessi e una solidarietà nazionale che in passato si è rivelata difficile da raggiungere, per via di calcoli politici a breve termine e delle differenze culturali tra le varie province del paese. ◆
Per gran parte del novecento l’idea dell’unità nazionale è stata portata avanti quasi solo dai liberali, partito tradizionalmente identificato con il federalismo, nonché forza elettorale dominante nei centri del potere del Québec e nelle zone urbane dell’Ontario. Inoltre, bisogna considerare che nei momenti in cui cresce l’orgoglio nazionale gli elettori si stringono intorno al candidato del governo. Grazie soprattutto all’ostilità verso Trump prevalente tra i canadesi, i liberali hanno colmato il distacco nei sondaggi e ora sono dati per favoriti. Una volta colto il cambiamento del vento politico del paese, Poilievre ha virato su un messaggio nazionalista, paradossalmente preso in prestito dall’universo narrativo trumpiano: “Canada First”. I risultati sono stati deludenti.
Oggi Poilievre deve affrontare lo stesso dilemma strategico che ha condannato i suoi predecessori. La linea politica modellata su quella della destra statunitense ha innegabilmente generato grandi consensi per i partiti di destra in tutto il mondo, ma per gli elettori canadesi resta poco convincente. Su temi come il controllo delle armi e i diritti lgbt+ i conservatori sono stati spesso in difficoltà. E in campagna elettorale hanno fatto fatica a gestire la figura incombente di Trump: da un lato dovevano provare a sfruttare l’ostilità dei canadesi verso il presidente statunitense, dall’altro dovevano gestire la relativa popolarità di Trump nella loro base elettorale. In questo contesto lo stile radicale e conflittuale di Poilievre sembra essere stato un ostacolo più che una risorsa.
Il Partito conservatore canadese è nato nel 2003 da una rivolta contro la vecchia guardia, ed è stato da subito orientato a destra e con tratti simili al Partito repubblicano statunitense. Nelle sette elezioni che si sono svolte da allora ha conquistato la maggioranza per governare solo una volta, sotto la leadership di Harper. Oggi il cammino di Poilievre verso un nuovo esecutivo di destra sembra sempre più difficile, paradossalmente per colpa di un presidente repubblicano a Washington. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1611 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati