Il World food programme (Wfp) delle Nazioni Unite ha lanciato l’allarme il 30 giugno: una parte dei sudanesi che sono scappati dalla guerra e che sono stati accolti in altri paesi africani non riceverà più l’assistenza offerta dall’organizzazione, che non ha più fondi a disposizione.
Per mancanza di denaro tra un paio di mesi il Wfp dovrà sospendere le sue attività nella Repubblica Centrafricana, in Egitto, in Etiopia e in Libia. In Egitto, per esempio, il Wfp attualmente fornisce aiuti alimentari a più di 235mila rifugiati, ma per via di un buco di bilancio di 23 milioni di dollari potrebbe interromperli del tutto già ad agosto.
Da quando è scoppiata la guerra in Sudan nell’aprile 2023 tra l’esercito guidato dal generale Abdel Fattah al Burhan e i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) comandate da Mohamed Hamdan Dagalo, più di quattro milioni di persone hanno dovuto abbandonare le loro case per sfuggire alle violenze e sono scappate oltre il confine, in sette diversi paesi. Altri dieci milioni di sudanesi sono sfollati all’interno del paese. Tra i paesi che accolgono più rifugiati sudanesi c’è il Ciad: secondo i dati dell’Onu, nel paese vivono 1,2 milioni di sudanesi, di cui quasi 850mila arrivati dopo lo scoppio dell’ultima guerra, mentre gli altri quattrocentomila erano scappati dal precedente conflitto in Darfur.
“È possibile che gli aiuti saranno distribuiti un po’ più a lungo in paesi come il Sud Sudan e il Ciad, ma si è già deciso di ridurli”, ha spiegato Shaun Hughes, il responsabile del Wfp per la crisi in Sudan. “In Uganda è già diminuito il numero dei rifugiati che ricevono assistenza. E anche le quantità sono calate: molti ricevono appena il 25 per cento della razione alimentare quotidiana minima”. Le razioni ridotte esporranno le bambine e i bambini rifugiati a un rischio maggiore di malnutrizione.
All’origine della carenza di finanziamenti ci sono essenzialmente i tagli decisi da alcuni paesi donatori (anche per dirottarli verso le spese militari), in un momento in cui l’emergenza si aggrava. “Sotto la presidenza di Donald Trump, gli Stati Uniti hanno ridotto gli aiuti di circa il 56 per cento rispetto al 2023; Germania e Regno Unito stanno facendo lo stesso, nella misura rispettivamente del 27 per cento e del 39 per cento”, scrive Foreign Policy. Anche con i tagli, gli Stati Uniti restano comunque i principali donatori del Wfp per l’emergenza in Sudan, ricorda Hughes.
Non è solo quest’agenzia a essere in difficoltà: a maggio l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) aveva ricevuto solo il 27 per cento dei 409 milioni di dollari richiesti per finanziare le sue operazioni in Ciad, che dopo lo scoppio della guerra in Sudan è diventato uno dei più importanti campi d’intervento in Africa.
Anche all’interno del Sudan la situazione è disastrosa, ricorda il giornale statunitense: “La carestia è stata confermata in almeno dieci aree e altre diciassette zone sono a rischio. Circa 26 milioni di persone – più della metà della popolazione – affrontano livelli estremi di fame”. E a oggi il piano di risposta e di fabbisogno umanitario dell’Onu per il Sudan ha ricevuto solo un quinto dei 4,1 miliardi di dollari che aveva chiesto per sostenere gli sforzi umanitari nel paese.
Questo testo è tratto dalla newsletter Africana.
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