Sei anni fa Mohammed ha percorso il lungo tragitto dall’Afghanistan alla Turchia, attraversando i confini con l’aiuto dei trafficanti, tra cui un uomo che chiamava Murtaza. Oggi, mentre migliaia di afgani fuggono dai taliban e cercano di trovare rifugio nella regione, Mohammed è diventato a sua volta un trafficante di migranti al confine orientale della Turchia, insieme a Murtaza.

A 21 anni, magro e con la faccia da bambino, Mohammed è ancora un immigrato irregolare in Turchia. In un paese già pieno di profughi e colpito da una grave crisi economica, le sue opportunità di impiego sono limitate. Sta cercando di mettere da parte un po’ di denaro per rifarsi una vita altrove in Europa, e nel frattempo aiuta la famiglia in Afghanistan. “Non è un buon lavoro, ma voglio davvero aiutare le persone. Preferirei che il mio paese fosse un posto sicuro. Non avrei più un lavoro, ma potrei tornare a casa”, spiega nel rifugio che gestisce nella città di Van. Da quando Kabul è stata riconquistata, il 15 agosto, migliaia di afgani sono già scappati nel timore di rappresaglie da parte del nuovo regime. Altre migliaia stanno cercando di lasciare il paese. In Turchia, dove già vivono circa quattro milioni di profughi provenienti soprattutto dalla Siria, la crisi ha innescato un dibattito sui migranti.

Forze di sicurezza turche con due profughi afgani, Van, Turchia, 21 agosto 2021 (Emrah Gurel, Ap/Lapresse)

Giro di vite

Anche se la maggior parte dei profughi si trasferisce nel vicino Pakistan, la Turchia è considerata una destinazione migliore per via delle opportunità di lavoro e della possibilità di raggiungere l’Europa. I trafficanti che operano in Turchia hanno notato un aumento dell’attività da quando ad aprile il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha confermato il ritiro delle truppe americane. Secondo i mezzi d’informazione locali, da allora tra i cinquecento e i duemila afgani sono entrati ogni giorno in Turchia attraverso il confine orientale con l’Iran.

Mohammed, che preferisce non rivelare il suo vero nome, viene da Imam Sahib, nella provincia di Kunduz, nell’Afghanistan settentrionale. Suo fratello ha lavorato per il governo sostenuto dagli Stati Uniti e nei giorni scorsi è stato arrestato dai taliban. In Turchia Mohammed ha lavorato nel settore agricolo, ma guadagnava molto meno di quello che gli versa Murtaza, l’equivalente di 255 dollari al mese. Lui e un altro ragazzo che lavora per Murtaza accompagnano gli afgani dall’Iran fino a Van e poi in altre città della Turchia. Fanno parte di una catena di trafficanti indipendenti ma connessi, che comincia in Afganistan. Anche se nelle ultime settimane l’intervento della polizia turca ha ostacolato il loro lavoro, i trafficanti raccontano che migliaia di persone si trovano in Iran in attesa dell’occasione per attraversare il confine. Il 17 agosto la polizia ha fatto irruzione in due appartamenti di Van e ha arrestato più di cento afgani e un trafficante. All’inizio del mese, nella stessa provincia, trecento persone, la maggior parte di nazionalità afgana, sono state scoperte all’interno di alcuni camion.

“I poliziotti sono troppi in questo momento, rastrellano i profughi nelle strade”, spiega Mohammed mostrando un video ricevuto su WhatsApp in cui la polizia arresta gli afgani in piazza Taksim, a Istanbul. “Ma se i poliziotti non accettassero denaro qui non ci sarebbero profughi”. Mohammed racconta che Murtaza paga migliaia di lire turche agli agenti di frontiera attraverso un intermediario affinché permettano il passaggio delle carovane di migranti. La polizia fornisce un luogo e una data in cui i migranti potranno evitare i pattugliamenti, ma non può garantirgli l’immunità dagli arresti. “La polizia delle colline prende i soldi e chiude un occhio, mentre gli agenti a valle arrestano i migranti”.

Affari redditizi

Murtaza fa il contrabbandiere da 25 anni e lavora anche nel settore turistico. Se la polizia non collaborasse con i trafficanti per far entrare nel paese i migranti “gli affari sarebbero impossibili”, spiega. Su entrambi i lati del confine con l’Iran ci sono tribù e famiglie che gestiscono le operazioni di traffico di esseri umani. “Qui a Van c’è molta povertà. Tutti si sono lanciati in questo settore”, spiega Murtaza. La Turchia sta costruendo un muro di 294 chilometri lungo il confine con l’Iran, ma secondo Murtaza gli abitanti dei villaggi cominceranno a scavare passaggi sotto il muro, se costretti. Di solito i migranti rimangono nei piccoli villaggi lungo il confine fino a quando possono trasferirsi senza rischi nel centro della città. Spesso dormono ovunque riescano a trovare un posto sicuro, anche in fienili e moschee. “Qui sono tutti trafficanti”, spiega un residente che chiede di mantenere l’anonimato. “Gli abitanti dei villaggi lo fanno perché lavorare in Turchia significa lavorare 12 ore al giorno e guadagnare poco. Questo settore invece non ha bisogno di investimenti. Basta accogliere in casa le persone e si guadagna molto”, spiega Mohammed. Non mancano storie di migranti ingannati durante il viaggio, abbandonati nella città sbagliata, tenuti in ostaggio per ottenere un riscatto o torturati. Mohammed racconta di aver incontrato migranti a cui durante le prime fasi del viaggio sono stati estratti i denti per ottenere un riscatto o hanno subìto altri abusi.

Mohammed sostiene di non aver mai commesso abusi nei confronti dei migranti, ma è impossibile verificarlo. Ammette però di guadagnare chiedendo ai migranti soldi extra in cambio di cibo o altri beni. Quando alloggiano nelle case sicure i migranti di solito non hanno il permesso di uscire da soli. Una famiglia ci ha raccontato di essere rimasta chiusa in casa per settimane, mangiando solo pane e pomodori. In un pomeriggio recente, nella loro casa sicura in un isolato di uffici in una via centrale piena di negozi, il caldo era diventato soffocante, le tende erano chiuse e i bambini venivano continuamente zittiti. I componenti di quattro famiglie appena arrivate (di età compresa tra 2 e 65 anni) ci hanno detto di aver vissuto in una stanza buia per più di una settimana in attesa di notizie su quando sarebbero stati trasferiti.

Da sapere
Chi dà rifugio agli afgani
Primi 15 paesi per numero di rifugiati dall’Afghanistan accolti nel 2020. Gli Stati Uniti ne hanno accolti 1.592. (Fonte: Unhcr)

Mohammed sostiene che la salute e la sicurezza dei migranti hanno la priorità, e che durante i viaggi verso diverse aree della Turchia mangia e dorme raramente. Lo abbiamo seguito mentre si procurava documenti falsi per una famiglia afgana con figli piccoli, otteneva i permessi necessari per trasferirli in un’altra città e acquistava biglietti dell’autobus per un viaggio verso Izmir. Quella sera Mohammed ha portato i migranti alla stazione degli autobus di Van, ma i loro documenti (con timbri alterati e codici ricavati da altri documenti d’identità) hanno destato i sospetti della polizia, che li ha arrestati.

Mohammed, anche lui vittima di decenni di guerra, sogna di diventare un atleta e seguire corsi di autodifesa in Europa o negli Stati Uniti, se mai troverà il modo di attraversare l’Atlantico. “La vita in Turchia è dura”, spiega, aggiungendo che non riesce a dormire e che quando lo fa il suo sonno è tormentato dagli incubi. “Forse non farò questo lavoro ancora a lungo. Così rimango indietro mentre altri si rifanno una vita”. Una volta Mohammed ha cercato di raggiungere la Grecia, ma è stato fermato dalla polizia e rimandato indietro. “Non importa se le persone non vogliono i profughi afgani. Arriveranno comunque, continueranno a provarci. La vita in Afghanistan è troppo orribile, non vogliono rimanere lì”.

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Questo articolo è uscito sul numero 1424 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati