A ll’inizio di maggio Tim Bray, pioniere di internet e vicepresidente di Amazon, si è dimesso e ha seminato lo scompiglio nella multinazionale. Per giustificare la decisione ha scritto sul suo blog che la cultura aziendale di Amazon è attraversata da “una vena di tossicità”. In poche ore il post ha raccolto centinaia di migliaia di visualizzazioni, e la sua casella email si è riempita di richieste di giornalisti, agenzie di collocamento e appassionati di tecnologia. I deputati del congresso degli Stati Uniti hanno citato le sue parole. Tutto questo ha fatto di Bray, 65 anni, il più importante tra i transfughi del gruppo. Ma il manager non aveva finito.
Dopo le sue dimissioni ha fatto appelli a favore della sindacalizzazione e di leggi antitrust. Come ha scritto in un altro post, vorrebbe che Amazon separasse le sue attività di vendita al dettaglio da quelle molto remunerative legate ai servizi cloud, come affitto di server, banda larga e potenza di calcolo ad altre aziende. “Sono abbastanza sicuro di non essere l’unico a volerlo”, ha aggiunto. Messa sotto pressione dalle autorità antitrust e dall’emergenza coronavirus, Amazon è sempre più spesso costretta a difendere il suo operato come datore di lavoro e le sue relazioni con i consumatori. Il 27 luglio Jeff Bezos, fondatore e amministratore delegato del gruppo, ha testimoniato davanti al congresso degli Stati Uniti, che sta indagando sullo strapotere dell’azienda di Seattle e di altri giganti tecnologici.
Tim Bray spicca perché una buona parte delle critiche ad Amazon finora era arrivata dall’esterno – sindacati, politici e concorrenti – mentre lui ha trascorso più di cinque anni ai piani alti della società. Amazon non ha commentato le sue dichiarazioni.
Bray ha presentato candidamente le sue idee in una serie d’interviste video realizzate su una piccola barca ancorata a Vancouver, in Canada, che è stata il suo ufficio durante la pandemia. “Pensare che oggi ci sia una concentrazione eccessiva di ricchezza e potere nelle mani di poche persone non fa di me un estremista”, ha dichiarato. “L’industria tecnologica è una di quelle che più rischiano di andare in pezzi ”.
Forse Bray è sempre stato qualcosa di più che un ingegnere. Nato in Canada, è cresciuto a Beirut, in Libano, dove suo padre insegnava. Reso instabile da conflitti politici e religiosi, il Libano “semplicemente non era più un buon posto in cui vivere”, ha raccontato Bray.
Mentre studiava all’università di Guelph, vicino a Toronto, Bray scoprì la sua vocazione e la passione per l’informatica, usandola per digitalizzare l’Oxford English dictionary, lo storico dizionario della lingua inglese pubblicato a Oxford, e fondare due startup.
Erano gli albori dell’internet per i consumatori. Ma tra gli appassionati di tecnologia Tim Bray è famoso soprattutto per aver contribuito a inventare il linguaggio xml, uno standard informatico fondamentale per conservare e condividere dati su internet.
Ingegnere illustre
Nel 2014, dopo vari anni passati a Google, Bray fu assunto ad Amazon. Lì diventò uno dei pochi cosiddetti “ingegneri illustri”, un’élite il cui prestigio non deriva dalle capacità gestionali, ma dall’aver dimostrato la propria bravura ingegneristica. Paul Hoffman, che ha conosciuto Bray negli anni duemila, ha detto che era una di quelle persone che avresti davvero voluto odiare ma non ci riuscivi: era eclettico e molto efficiente anche con poche ore di sonno alle spalle. “È evidentemente un nerd smanettone”, continua Hoffman, “ma ha molti altri interessi”.
È rimasto alcune settimane, il tempo di concludere un progetto, e poi si è dimesso, rinunciando a un milione di dollari
Bray cita volentieri l’economista francese Thomas Piketty (ha letto il suo libro sulle disuguaglianze “dall’inizio alla fine”), confessa di essere un appassionato di heavy metal (che definisce “un po’ ridicolo” perché “il volume è molto più alto di quanto sarebbe ragionevolmente necessario”) e afferma di essere molto preoccupato per la crisi climatica.
Forse è a causa dell’interesse per questi temi che è diventato un attivista. Nel 2018 è stato arrestato in Canada mentre protestava contro il progetto di un oleodotto che avrebbe dovuto trasportare il petrolio proveniente dalle sabbie bituminose verso i mercati asiatici. E l’anno dopo, quando ha visto che migliaia di dipendenti di Amazon avevano firmato una lettera con cui invitavano l’azienda ad affrontare in modo più deciso la crisi climatica, ha aggiunto il suo nome all’elenco. Era il più anziano. La sua partecipazione ha esaltato gli organizzatori. “Avere con noi un vicepresidente ha confermato quanto i dipendenti volessero che l’azienda prendesse posizione su questo tema”, ha dichiarato Emily Cunningham, all’epoca progettista di Amazon e tra gli ideatori della lettera.
La presa di posizione pubblica di Bray ha fatto arrabbiare alcuni dirigenti. Gli hanno ricordato il principio del disagree and commit, per cui ci può essere un confronto anche energico all’interno del gruppo ma, una volta presa una decisione formale su una questione, tutti devono mettersi in riga e sostenerla. “Che il vicepresidente debba restare nei ranghi senza lanciare messaggi contrari a quelli dei vertici, non è un’idea irragionevole”, ha detto Bray. Ma quest’idea ha portato alle sue dimissioni.
Ad aprile Amazon ha licenziato Cunningham e altri lavoratori che avevano espresso preoccupazioni sulla sicurezza degli stabilimenti. L’azienda ha dichiarato che ognuno di questi dipendenti aveva ripetutamente violato varie norme aziendali. A Bray la cosa è sembrata “una scelta esplicita di licenziare chiunque prenda posizione”.
“Sosteniamo il diritto di ogni dipendente a criticare le condizioni di lavoro imposte dal loro datore di lavoro, ma da questo non deriva un’immunità assoluta nei confronti di una o tutte le norme aziendali”, ha affermato Jaci Anderson, portavoce di Amazon.
Per Bray i licenziamenti erano un punto di non ritorno. Come racconta, ha sollevato alcune preoccupazioni internamente, ma non era più in grado di adeguarsi al disagree and commit come voleva Amazon. È rimasto qualche settimana, il tempo di concludere un progetto, e poi si è dimesso, rinunciando a un milione di dollari. Ha quindi usato il suo blog per spiegare pubblicamente i motivi delle sue dimissioni.
È rimasto in piedi fino alle due del mattino, preparando il suo server affinché potesse sostenere un volume di traffico più alto del solito, nel caso in cui Reddit e Hacker News avessero ripreso il suo post, come sperava. Il piano ha funzionato meglio del previsto. “A quanto pare, avevo preso di mira un bersaglio facile”.
◆ 1955 Nasce a Fort Vermilion, in Canada. Cresce a Beirut, in Libano, e torna in Canada per completare gli studi.
◆ 1981 Si laurea in matematica e informatica.
◆ 1987 Sviluppa la tecnologia sgml, fondamentale per creare il linguaggio xml.
◆ 2014 Comincia a lavorare per Amazon.
◆ Maggio 2020 Si dimette dall’azienda.
Nei giorni seguenti le sue critiche sono arrivate fino a Washington. Bray ha parlato con la deputata democratica Pramila Jayapal, la cui circoscrizione include il quartier generale di Amazon a Seattle. E alcuni senatori hanno citato il post sulle sue dimissioni nella loro lettera a Bezos a proposito dei licenziamenti.
All’inizio Bray ha cercato di non mettersi troppo in vista, rispondendo solo via email alle domande della stampa. Ma ha continuato a scrivere sul blog, e ha cominciato a parlare in pubblico, esprimendo critiche ancor più aggressive. All’inizio di giugno, durante un evento video dal vivo organizzato dal sito d’inchiesta canadese National Observer, Bray ha dichiarato che la sua ex azienda è un sintomo dell’eccessiva concentrazione del capitale: “La verità è che il problema non è Amazon. Il problema profondo è l’inaccettabile squilibrio di potere e ricchezza”.
“Non vedo la necessità che la vendita al dettaglio, la manifattura, il riconoscimento vocale, i servizi cloud e Amazon Prime Video siano gestiti dalla stessa azienda. Non sono cose particolarmente legate l’una all’altra”, ha spiegato durante l’evento.
Una settimana dopo ha parlato a una conferenza virtuale organizzata da sindacati di tutto il mondo critici nei confronti di Amazon. Ha detto che negli Stati Uniti dovrebbe essere più facile formare dei sindacati e che “uno dei programmi politici più potenti che potremmo portare avanti per correggere gli squilibri di potere che ci riguardano è contrastare i monopoli”. Ha anche affermato che le eccessive dimensioni di Amazon e di altre aziende hanno dato a queste un potere eccessivo sulla politica, sui processi legislativi e sulle condizioni di lavoro.
Le “cose buone” che l’azienda offre ai suoi clienti – prezzi bassi, scelta illimitata, consegna rapida – “non sono gratis”, secondo Bray. “In questo momento gli aspetti negativi della cosa ricadono sui lavoratori”.
Amazon ha difeso con forza le condizioni di lavoro nell’azienda, sostenendo di aver speso miliardi di dollari per rendere sicuri i suoi stabilimenti, e che i suoi dipendenti sono pagati almeno 15 euro all’ora, benefit esclusi.
Le giuste attenzioni
Ora Tim Bray si è dedicato a un nuovo progetto: uno studio di sostenibilità per lo scorporo della società di Jeff Bezos. L’ha scritto nel formato standard di Amazon, noto come Prfaq, immaginando come l’azienda avrebbe annunciato quella proposta. Visto l’aumento delle pressioni dell’antitrust, Amazon potrebbe preferire l’idea di scorporare “volontariamente” la sua azienda di servizi cloud, Amazon web services (Aws), “piuttosto che in seguito alle pressioni ostili di Washington”, ha scritto Bray nel documento.
Poi Bray ha postato il documento su GitHub, un sito che permette di scrivere codici in modo collaborativo, e ha chiesto aiuto per migliorare la proposta. Scorporando l’Aws, le aziende concorrenti come Walmart potrebbero essere più disposte a usare i servizi informatici cloud di Amazon, aprendo la strada a un aumento dei clienti, ha spiegato. “Le organizzazioni concorrenti vogliono sfruttare le offerte di Aws, all’avanguardia nel settore, senza doversi preoccupare di rafforzare così un loro concorrente”, ha aggiunto.
Il suo post non è diventato virale come quello delle sue dimissioni. Ma osservando il registro delle connessioni al suo blog, Bray si è accorto di aver ricevuto attenzione in un luogo fondamentale: all’interno di Amazon.
Il suo sospetto è stato confermato quando un ex collega gli ha detto che Amazon era preoccupata che gli analisti di Wall street pensassero che il documento fosse effettivamente scritto dall’azienda. Poteva essere così gentile da aggiungere una nota? Bray ha aggiornato la proposta. “Questo documento non è stato elaborato da Amazon”, ha scritto. “Descrive un processo ipotetico che potrebbe avvenire in futuro”. ◆ ff
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Questo articolo è uscito sul numero 1373 di Internazionale, a pagina 66. Compra questo numero | Abbonati