Per decenni la festa delle luci di Bondi si è svolta nello stesso luogo la prima sera di Hanukkah. È amata da molti, ma soprattutto dai bambini. Domenica, il 14 dicembre, c’erano bolle di sapone, hot dog kosher e una parete da arrampicata. I più piccoli avevano le dita appiccicose per le ciambelle alla marmellata distribuite gratis per celebrare il miracolo dell’olio nel tempio.

Padre di cinque figli, il rabbino Eli Schlanger, il padrone di casa, sapeva come organizzare una festa a misura di bambino. Ma Schlanger era amato da tutti. Bambini, genitori e nonni lo salutavano con gioia mentre si faceva strada tra la folla, che cresceva nell’attesa dell’evento principale delle 19: l’accensione del grande candelabro della menorah.

I due avevano detto ai familiari che sarebbero andati a pesca

Dopo anni difficili per la comunità ebraica australiana, c’era un senso di speranza. Hanukkah celebra il trionfo della luce sulle tenebre. “La guerra era finita, gli ostaggi erano stati liberati, nella comunità si avvertiva la sensazione di un nuovo inizio”, racconta una partecipante ancora traumatizzata dall’attacco di domenica sera. “Speravamo in un 2026 pacifico”.

La speranza, tuttavia, non cancellava il realismo. Le minacce da parte di chi odia gli ebrei sono una presenza costante. L’evento di Bondi, come le altre celebrazioni di Hanukkah, non era stato pubblicizzato. I dettagli circolavano tramite passaparola o all’interno di comunità online chiuse. Sul posto c’erano la polizia locale e l’agenzia di sicurezza della comunità ebraica, la Csg. La festa era circondata da una recinzione metallica improvvisata.

Intorno alle 18.40, mentre la folla raggiungeva il suo picco, si sono sentite delle esplosioni. All’inizio c’è stata confusione. “Gli scoppi continuavano a risuonare, continuavano a sparare, non si fermavano”, racconta un testimone. Quando il pericolo è diventato evidente, la folla si è dispersa in tutte le direzioni urlando. La recinzione è stata divelta. Alcuni si sono gettati sotto le auto, proteggendo con il proprio corpo quello dei loro figli. Altri sono entrati in appartamenti di sconosciuti. Altri ancora si sono nascosti nel club di surf. La stilista Pip Edwards si è rifugiata sotto un furgone. “Vedevamo i piedi dell’attentatore armato che camminava davanti al furgone, proprio sopra le nostre teste”, ha scritto su Instagram. “Sparavano a tutto e a tutti. Le auto intorno venivano colpite, e anche il nostro furgone. Tremavo dalla paura, mi limitavo a seguire il movimento dei loro piedi, siamo rimasti lì per 15 minuti in preda al panico, senza respirare per non farci sen­tire”.

Jacqui Cohen partecipava a un bar mitzvah nelle vicinanze. “Ho capito che c’era un problema quando ho visto un gran numero di persone che correva verso di noi, cercando di allontanarsi da là. Si capiva che stava succedendo qualcosa di molto grave e che dovevamo fare qualcosa”, racconta. Lei si è nascosta in un bagno con sua figlia e un bambino che non riusciva a trovare i genitori. Un uomo ha avvertito una strana sensazione sulla schiena e sulla coscia mentre correva. Ha raggiunto le altre persone barricate dentro il club di surf, dove c’erano bambini che sanguinavano e piangevano. Si è accorto che anche lui stava sanguinando: era stato colpito, da un proiettile o forse da schegge, ancora non ne era sicuro. “Era puro caos”, dice. “Solo paura”.

Padre e figlio

I due uomini che hanno scatenato questo terrore erano un padre e un figlio, Sajid e Naveed Akram, di cinquanta e 24 anni, che abitavano in una casa di mattoni rossi alla periferia di Bonnyrigg, vicino a Liverpool. Naveed, il maggiore di tre figli, aveva frequentato la scuola superiore Cabramatta. I due avevano detto ai familiari che sarebbero andati a pesca sulla South Coast. In realtà hanno affittato una stanza in un residence a Campsie, a tredici chilometri da Sydney. La polizia ha dichiarato che possedevano sei armi. Ne hanno portate quattro a Bondi. A quanto pare uno era un potente fucile con otturatore manuale, con lunga gittata e una precisione letale, e un altro un fucile a pompa, che spara pallettoni ed è più pericoloso a distanza ravvicinata.

Dalle telecamere di sorveglianza si vedono i due uomini lasciare Campsie alle 17.17. Hanno posteggiato un’auto grigia metallizzata nel parcheggio della spiaggia di Bondi, al cui interno è stato poi trovato un ordigno esplosivo improvvisato, descritto come una bomba a tubo, e secondo quanto riportato anche una bandiera del gruppo Stato islamico. I testimoni dicono che gli uomini sono comparsi sul ponte di Bondi poco dopo le 18.30. Hanno cominciato a sparare in direzione della festa di Hanukkah. Naveed ha usato il suo fucile dal ponte, mentre Sajid è corso giù per le scale sparando dal perimetro del parcheggio. Con un gesto eroico che probabilmente ha salvato molte vite, Ahmed al Ahmed, un tabaccaio originario della Siria che si trovava a Bondi con il cugino, l’ha placcato alle spalle disarmandolo. Pochi secondi prima, Ahmed si è rivolto al cugino: “Sto per morire”, ha detto. “Per favore, spiega alla mia famiglia che sono andato a salvare delle vite”. Alla fine Sajid è stato ucciso e Naveed è stato arrestato dopo un drammatico scontro a fuoco.

La loro follia criminale è durata meno di dieci minuti, ma avrà conseguenze di vasta portata. I testimoni descrivono una carneficina. “Un massacro”, ha commentato un uomo che si era trasferito a Sydney dopo essere sopravvissuto all’attacco di Hamas in Israele del 2023. “Ho visto bambini cadere a terra”. Vladimir Kotlyar, rabbino del servizio d’emergenza statale, ha protetto il nipote con il suo corpo. L’uomo accanto a loro è stato colpito ed è caduto sopra di lui, ricoprendolo di sangue. “Questa non è l’Australia che conosco”, ha detto.

Quando è sceso il buio e decine di ambulanze e auto della polizia si sono allineate lungo Campbell Parade, i bagnini hanno lavato via il sangue con gli idranti.Sedici persone sono state uccise, compreso Sajid. Tra le vittime c’è Schlanger, l’amato rabbino descritto dagli amici come “la persona più premurosa, sincera e amichevole che si possa incontrare”. E anche una bambina di dieci anni, Matilda, che pochi istanti prima stava giocando con gli animali nello zoo didattico. Alex Kleytman, sopravvissuto alla Shoah, è morto proteggendo la moglie dai proiettili. Decine di persone sono rimaste ferite, tra cui due agenti di polizia.

Contatti sospetti

Intorno alle 21.30 Verena Akram si trovava a casa a Bonnyrigg con i due figli più giovani. Dalla finestra guardava una folla radunarsi nella sua strada. Non sapeva perché, racconta. Pensava che il marito (arrivato in Australia con un visto studentesco nel 1998 e poi rimasto grazie a un visto per matrimonio nel 2011) e il figlio fossero andati a pescare. Quel giorno aveva parlato con Naveed, che le aveva detto di essere andato a nuotare e a fare immersioni e che avrebbe passato la maggior parte della domenica in casa per il troppo caldo. Suo figlio non aveva armi, ci spiega al telefono. “Non esce. Non vede amici. Non beve, non fuma, non frequenta posti pericolosi, va al lavoro, torna a casa, va ad allenarsi e basta”. Faceva il muratore, aggiunge, ma era stato licenziato qualche mese prima quando la ditta per cui lavorava era andata in bancarotta.

La storia di Naveed però è più complessa. Il giorno dopo l’attentato il primo ministro Anthony Albanese ha dichiarato che era stato esaminato dall’Asio, i servizi di sicurezza interni, perché aveva avuto contatti con altre persone segnalate nel 2019, ma le indagini avevano concluso che non rappresentava una vera minaccia. Dal 2015 Sajid Akram aveva un porto d’armi rilasciato dallo stato del New South Wales. Ora l’Asio e la polizia statale dovranno rispondere a chi chiede se si sarebbe potuto fare di più per condividere informazioni e revocargli il porto d’armi.

All’alba di lunedì, mentre l’Australia si svegliava con la notizia della sparatoria di massa più grave dai tempi di Port Arthur, nel 1996 (quando un uomo sparò sulla folla uccidendo 35 persone e ferendone 23), il luogo del massacro a Bondi è diventato un memoriale improvvisato. C’erano fiori e piccoli oggetti commemorativi. Le cose abbandonate durante il feroce attacco erano state allineate lungo la spiaggia, in attesa di essere recuperate dai loro proprietari: scarpe messe in ordine, un pallone da calcio, una borraccia, un paio di occhialini, un aquilone. Erano reliquie di un’epoca più innocente. Un’epoca che si era conclusa meno di ventiquattr’ore prima, quando il terrore ha versato sangue su Bondi. ◆gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1645 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati