A Kilfinane, un paesino nel sudest dell’Irlanda, ogni due anni si tiene l’Hearsay festival, un gioiello di creatività incontaminata nel panorama dell’industria dell’audio. È una manifestazione singolare, a numero chiuso, che chiede a chi partecipa di raccontare una storia in massimo sette minuti. L’Hearsay festival è diventato una fonte di indizi sullo stato di salute dell’audio e sul suo futuro, a maggior ragione lo è stata l’edizione del 2021, arrivata dopo la pandemia. I vincitori sono stati Lockdown in stereo della danese-ceca Brit Jensen, che racconta com’è difficile gestire il rapporto tra famiglia e lavoro durante il lockdown, e Going to Switzerland della svizzera-tedesca Stefanie Müller-Frank, che ha accompagnato una famiglia tedesca a praticare l’eutanasia a Basilea. Il corpo è al centro di molti altri progetti vincitori, tra l’impatto di una diagnosi della sindrome di Asperger, una distrofia muscolare che fa camminare la protagonista “come un’anatra” e la scoperta in prima persona di come si forma un corpo transgender maschile. Se l’audio narrativo resta di egemonia bianca e nordoccidentale, si aprono nuove frontiere sul fronte della sperimentazione sonora, come la camminata tra i polli della kenyana Nyokabi Kariuki (A walk through my cũcũ’s farm) o l’esplorazione audio di una sessualità queer di Cy X (Xoxo lex). I progetti vincitori si possono ascoltrare sul sito del festival con sottotitoli in inglese.
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Questo articolo è uscito sul numero 1414 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati