La notte del 23 dicembre 1996 la produttrice francese Sophie Toscan du Plantier è nella sua casa delle vacanze a Drinane, una piccola località sperduta nelle campagne del sudovest dell’Irlanda. Chiama al telefono il marito, noto produttore cinematografico francese, che le conferma che non riuscirà a raggiungerla per la vigilia di Natale. Il corpo di Sophie sarà trovato la mattina seguente dalla vicina, riverso sul vialetto che porta alla tenuta, con i segni di una violenta aggressione. Qualche mese più tardi una telefonata anonima alla polizia irlandese suggerisce che il colpevole dell’omicidio può essere il giornalista inglese Ian Baley, che passerà 25 anni a cercare di dimostrare la propria innocenza, sia in Irlanda sia in Francia. Il grande successo di pubblico del genere true crime non sempre coincide con prodotti di qualità che evitano di speculare sul dolore provocato dai casi di cronaca nera. Ma West Cork è true crime al suo meglio. Da un lato accontenta con sobrietà l’interesse morboso nei confronti del caso di cronaca più famoso d’Irlanda, dall’altro usa questa curiosità per raccontare il mondo legato all’omicidio: gelosie e falsità umane, cinici desideri di rivalsa, gestione dozzinale di indagini e processi. E la vita di innocenti stritolata dalle tensioni diplomatiche tra due paesi europei.

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Questo articolo è uscito sul numero 1409 di Internazionale, a pagina 114. Compra questo numero | Abbonati