Il governo serbo ha ricevuto grandi lodi per la sua campagna di vaccinazione, soprattutto per la sua disponibilità a vaccinare i cittadini degli stati vicini e del resto d’Europa. Visto il ritmo lentissimo della distribuzione dei vaccini in quasi tutti i paesi balcanici, la generosità della Serbia è stata apprezzata. Ma il quadro è più complicato. I vaccini arrivano soprattutto da due fonti: la Cina e la Russia, due paesi che hanno voluto fare della Serbia una vetrina per i loro farmaci. La Serbia è stata fin da subito il centro della diplomazia vaccinale cinese. Belgrado è la testa di ponte della Cina in Europa, e il successo della sua campagna vaccinale ha molto a che vedere con le ambizioni globali di Pechino. Allo stesso modo, visti i profondi legami tra il governo di **Aleksandar Vučić **e la Russia, non sorprende che oltre ad acquistare grandi quantità del vaccino Sputnik V la Serbia stia anche costruendo degli impianti per produrlo. Anche uno stabilimento cinese sarebbe in cantiere. Questi piani potrebbero fare di Belgrado il punto di riferimento per i vaccini nei Balcani occidentali e nell’Europa sudorientale. Di fronte al recente aumento dei contagi in Serbia, la decisione di invitare gli stranieri invece di donare le dosi in eccesso ai paesi vicini ha sollevato delle perplessità. Ma la scelta si spiega con il tentativo di Vučić di rendere Belgrado la capitale regionale e il centro politico di tutti i serbi della regione, compresi quelli dei paesi vicini. Il governo di Vučić parla di “mondo serbo”, una fantasia irredentista modellata sul “mondo russo” teorizzato dal Cremlino. Quest’analisi non sarà condivisa dagli abitanti della regione che cercano disperatamente di farsi vaccinare. È evidente però come il governo di Vučić sia un’autocrazia sempre più militante, con mire espansionistiche e una linea revisionista sul crollo della ex Jugoslavia. Come ha visto con sospetto la diplomazia vaccinale di Russia e Cina, il mondo democratico dovrebbe guardare in modo altrettanto critico le attività del loro alleato serbo. ◆ gac

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Questo articolo è uscito sul numero 1405 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati