A inizio settembre nel Regno Unito i Verdi hanno scelto un nuovo leader: il vicepresidente del partito, Zack Polanski, ha trionfato alle primarie con l’85 per cento dei voti, sconfiggendo i candidati più moderati.

Dopo la vittoria, di fronte a una folla entusiasta riunita a Londra ha dichiarato: “Il tempo dei Verdi sta arrivando”. Nel suo discorso ha affermato che l’attuale spazio politico “è terreno fertile per ciarlatani come Nigel Farage e il suo partito Reform Uk, che fingono di servire la classe lavoratrice mentre in realtà sono finanziati dagli stessi miliardari che stanno distruggendo le nostre democrazie e il nostro pianeta. A questo punto i Verdi hanno l’obbligo morale di fare una politica coraggiosa”.

Polanski, che si definisce un “eco­populista”, ha rivolto parole ancora più dure all’attuale primo ministro britannico, Keir Starmer, e al Partito laburista: “Il mio messaggio è chiaro: non siamo qui per essere delusi da voi. Siamo qui per sostituirvi”.

Tiene le distanze dal governo, la cui popolarità è in calo soprattutto a causa delle concessioni fatte all’ala più moderata, dei piani di tagliare i sussidi per le persone con disabilità e di ridurre quelli per il riscaldamento. Per non parlare delle dichiarazioni in tema d’immigrazione, con cui il premier mira a competere con l’estrema destra di Reform Uk. Voci di corridoio dicono che dopo la nomina di Polanski un certo numero di deputati laburisti insoddisfatti potrebbero passare ai Verdi. Stiamo parlando in tutto di una quindicina di persone.

Alle prossime elezioni Polanski vuole conquistare trenta seggi in parlamento. E la strategia è adottare uno stile più combattivo e conflittuale, che dovrebbe idealmente allontanare gli elettori dall’estrema destra. Da ex attore, ha le carte in regola per provarci. Tuttavia i suoi avversari all’interno del partito temono che possa scoraggiare i simpatizzanti più moderati, specialmente nelle campagne, dove negli ultimi anni il partito ha raccolto consensi.

Polanski ripete spesso che le persone non possono occuparsi delle conseguenze della crisi climatica se non sanno come arrivare alla fine del mese e se devono avere a che fare con affitti, spese alimentari e bollette troppo alte. Per questo propone di aumentare le tasse ai miliardari, di nazionalizzare il settore idrico e di regolamentare di più le aziende private. Vuole anche introdurre una tassa patrimoniale, che a suo avviso è più equa di quella sul reddito.

Da quando ha annunciato la sua candidatura nel maggio 2o25 il numero degli iscritti al partito è cresciuto dell’8 per cento. Questo, probabilmente, va attribuito proprio alla sua popolarità. I verdi ora hanno scelto a larga maggioranza una strada più ecopopulista.

Polanski è vicepresidente dei Verdi dal 2022 e da quattro anni fa parte dell’assemblea di Londra, un miniparlamento che sovrintende alle attività del sindaco.

Proviene da una famiglia ebrea polacca che si stabilì nel Regno Unito nella prima metà del novecento, cambiando il cognome da Polanski a Paulden per paura dell’antisemitismo. È nato nella città di Salford, nella contea di Greater Manchester, con il nome di David. A diciotto anni ha chiesto di riprendere il cognome Polanski, mentre ha scelto il nome Zack rifacendosi al personaggio del famoso romanzo di Michelle Magorian Buonanotte, signor Tom (Fazi 2021), che racconta la storia di un ragazzino che da Londra, dove subiva bullismo e maltrattamenti, si trasferisce nella campagna britannica, e lì si affeziona all’ottantenne Tom.

Da Atlanta a Londra

Zack Polanski è vegano, gay e attualmente vive nel quartiere londinese di Hackney. A proposito, gli piace dire che non c’è bisogno di essere vegani per votare i Verdi. Per la sua vita politica è stato cruciale il periodo passato ad Atlanta, negli Stati Uniti, dove ha studiato recitazione. Il confronto con il razzismo, le disuguaglianze e l’omofobia oltreoceano ha spinto il suo impegno politico. Ad Atlan­ta ha cominciato ad assistere i senzatetto e i migranti.

Quando è tornato a Londra è entrato nei liberaldemocratici. È diventato famoso nel 2016 interrompendo un comizio di Jeremy Corbyn, criticandolo per l’atteggiamento che aveva avuto nei confronti dell’Unione europea. Questo succedeva una settimana dopo il referendum sulla Brexit. Ha gridato a Corbyn: “E l’Europa? Dov’eri quando avevamo bisogno di te?”. La cosa curiosa è che oggi il più stretto alleato politico di Polanski è proprio Corbyn con il suo nuovo partito, che per il momento si chiama Your party. Corbyn si è congratulato con Polanski e ha scritto che non vede l’ora di “costruire un mondo più giusto e migliore insieme”.

Poco dopo la contestazione a Corbyn, Polanski ha lasciato i liberaldemocratici e si è unito ai Verdi. Oggi spiega la sua partecipazione al progetto dei liberaldemocratici con l’ingenuità logica e una fiducia nella retorica che difendeva lo status quo.

Nel 2021 Polanski è stato eletto all’Assemblea di Londra, dov’è membro della commissione ambiente, e ha legato sempre più spesso le proposte sul clima a quelle sulla tutela dei lavoratori, che è diventato ormai il suo tema centrale. “I Verdi staranno sempre dalla parte delle persone colpite da problemi economici, sociali e ambientali”, dice.

Polanski ha annunciato la sua candidatura alla presidenza dei Verdi nel maggio 2025 ed è stato subito sostenuto dal famoso giornalista e podcaster Owen Jones. L’idea era di offrire alle persone un’immagine diversa della politica, capace di competere con il partito di estrema destra Reform Uk, e allo stesso tempo di approfittare del declino della socialdemocrazia britannica. Polanski ha affermato che sotto la sua guida il partito si concentrerà sulla “ridistribuzione della ricchezza, sul finanziamento dei servizi pubblici e sulla denuncia del genocidio a Gaza”.

Polanski è cresciuto in una famiglia sionista. Come lui stesso dice, gli ci è voluto molto tempo per aprire gli occhi sugli orrori commessi in Palestina dall’esercito israeliano. In un’intervista a Novara Media, riferendosi a Israele, ha dichiarato: “Penso che gli stati etnici siano malsani e che dovremmo sostenere la democrazia”. Anche se è critico nei confronti di Tel Aviv, è orgoglioso delle sue origini e cerca di partecipare alla vita della comunità ebraica, tra le critiche delle cosiddette comunità ebraiche mainstream, come le definisce lui.

Immagina una società britannica molto emancipata e s’impegna per la giustizia e l’uguaglianza. Per esempio, è un difensore dei diritti delle persone trans. “Non credo che vogliano essere costantemente sotto i riflettori. Penso che vogliano solo poter fare la pipì in pace”, ha detto a Novara Media, ridicolizzando l’attuale dibattito alimentato dalla destra sull’uso dei bagni pubblici.

La sua biografia, però, non è tutta rose e fiori. Nel 2013 si guadagnava da vivere, tra le altre cose, facendo l’ipnoterapeuta, cioè usava l’ipnosi per curare le persone. Una volta una giornalista del Sun si è rivolta a lui chiedendogli di usare l’ipnosi per ingrandirle il seno. E Polanski ci ha provato davvero. Tutto è raccontato in uno strano articolo che si può ancora leggere sul sito del Sun. Tra l’altro, sapete con quale titolo il giornale ha annunciato la vittoria di Polanski alle primarie dei Verdi? “Ex ipnoterapeuta che sosteneva di poter ingrandire il seno con la forza della mente è stato eletto presidente dei Verdi”.

È chiaro che Polanski non avrà vita facile e vedremo se riuscirà a convincere gli elettori con l’“ecopopopulismo”. Finora la sua retorica ha attratto soprattutto i nuovi iscritti al partito. Per alcuni elettori di sinistra le sue giravolte politiche sono imbarazzanti, per altri sono l’emblema di come molti dei quarantenni di oggi fanno strada in politica. Capiremo presto se per i Verdi scommettere sull’ecopopulismo porterà buoni frutti . ◆ ab

Biografia

1982 Nasce a Salford, nel Regno Unito, da genitori di origine ebraica.
2000 Cambia cognome in Polanski, quello originale della sua famiglia.
2013 Dopo aver studiato recitazione, fa l’attore ma si dedica anche all’ipnoterapia.
2016 Entra nel Partito liberaldemocratico.
2017 Passa ai Verdi.
settembre 2025 Vince le primarie e diventa il leader dei Verdi.


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Questo articolo è uscito sul numero 1634 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati