“C’è uno stretto legame tra l’industria delle armi e della sicurezza e Frontex”, recita il rapporto “Lobbying fortress Europe” dell’ong Corporate europe observatory (Ceo), che accusa l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera di trascurare i diritti umani fondamentali. “Frontex si è trasformata in una bestia incontrollabile”, sostiene Luisa Izuzquiza, ricercatrice di Ceo. Negli ultimi anni Frontex è diventata l’agenzia più grande e costosa dell’Unione. Dal 2015, anno della cosiddetta crisi europea dei rifugiati, è cresciuta enormemente in termini di budget, organico e potere. Nel 2019 ha ricevuto 5,6 miliardi di euro e un esercito di diecimila guardie di frontiera. Il suo mandato è stato ampliato, e Frontex ha potuto acquistare autonomamente imbarcazioni, veicoli, velivoli, droni e radar. A gennaio ha presentato l’uniforme delle sue guardie, la prima divisa di un servizio dell’Unione. “Non era solo un desiderio dell’agenzia”, scrivono gli autori del rapporto, “ma anche dell’industria della sicurezza, che dal 2010 auspica un’autorità di frontiera a livello europeo”.
A rimanere indietro, però, è stato il rispetto dei princìpi democratici. Nella struttura di Frontex i meccanismi di controllo mancano o sono sistematicamente ignorati. Nel 2018 l’agenzia ha dichiarato al parlamento europeo che incontrava solo i lobbisti iscritti nel registro per la trasparenza dell’Unione. “Nel 2017 non ci sono stati incontri”, ha sostenuto. Questa dichiarazione, spiega Izuzquiza, è stata il punto di partenza dell’inchiesta. L’ong ha ottenuto 140 documenti avvalendosi della legge europea sulla trasparenza amministrativa. “Emerge l’immagine di un’agenzia potente e dotata di grandi risorse”, si legge nel rapporto, “i cui stretti rapporti con l’industria delle armi e della sicurezza seguono un obiettivo di fondo: confini fisici più robusti e meglio attrezzati, che permettano di esercitare un controllo aggressivo su chiunque voglia entrare nell’Unione, compresi i cittadini europei”. Secondo gli autori intorno alla gestione delle frontiere sta prendendo forma un complesso industriale ricalcato sul modello statunitense.
Poca trasparenza
Dai documenti emerge che tra il 2017 e il 2019 Frontex ha organizzato almeno sedici giornate d’incontri con un totale di 138 aziende e organizzazioni private nella sua sede a Varsavia. “La stragrande maggioranza di queste aziende operava nel settore della difesa e della sicurezza”, dice Izuzquiza. In testa ci sono le europee Airbus e Leonardo. Seguono l’azienda di sicurezza elettronica Gemalto e la Thales, attiva nel settore aerospaziale e nei sistemi d’informazione.
La lista include altre aziende specializzate in tecnologie informatiche, cibersicurezza e biometria, come Nec, Atons, Idemia, Jenetric, Secunet e Vision-Box. “Non sorprende che ci sia una sovrapposizione significativa tra le aziende che hanno fatto pressioni dirette su Frontex e quelle che hanno approfittato degli appalti europei per costruire muri materiali e virtuali”, scrivono gli autori del rapporto.
Aziende produttrici di armi come la Glock e la Cenzin hanno tenuto delle presentazioni e Frontex gli ha chiesto di partecipare all’addestramento degli agenti. “È improbabile che queste esercitazioni prevedano anche tecniche di riduzione del conflitto”, scrivono i ricercatori del Ceo. “Ed è una cosa piuttosto preoccupante, dato che Frontex vuole anche privilegi legali e immunità per sé e per i suoi collaboratori”.
Nel 2017, l’anno in cui secondo Frontex non c’erano stati incontri, l’agenzia ha ricevuto i rappresentanti di 24 aziende, più della metà delle quali non risultava iscritta al registro per la trasparenza, come i tre quarti dei lobbisti incontrati da Frontex nel 2018 e nel 2019.
Chi non ha mai partecipato agli incontri sono le organizzazioni per i diritti umani. Il Forum per i diritti umani, istituito appositamente per assistere Frontex, non è mai stato consultato su questi temi. A gennaio la Piattaforma per la cooperazione internazionale per i migranti senza documenti (Picum) è uscita dal Forum a causa della sua “scarsa influenza”. Picum non ricorda che ci siano state “discussioni tra il Forum e Frontex, o che sia mai stata data la possibilità di accedere a informazioni relative agli appalti sulle tecnologie o alle relazioni con le aziende del settore della sicurezza”.
Negli ultimi mesi Frontex è stata al centro di diverse polemiche per il suo coinvolgimento nella violazione dei diritti umani e nei respingimenti illegali lungo il confine greco-turco, portati alla luce dall’inchiesta di un consorzio internazionale di giornalisti. L’Ufficio europeo per la lotta anti-frode (Olaf) sta indagando sull’agenzia per cattiva gestione e intimidazioni. Il gruppo socialdemocratico al parlamento europeo ha chiesto le dimissioni del direttore di Frontex, il francese Fabrice Leggeri, per i respingimenti e per l’occultamento d’informazioni. A dicembre Leggeri è stato oggetto di accese polemiche quando è emerso che non aveva nominato nemmeno uno dei quaranta supervisori che avrebbero dovuto vigilare sul rispetto dei diritti umani.
Izuzquiza è molto preoccupata dall’influenza dell’industria della sicurezza sull’agenzia: “Frontex chiede alle aziende militari soluzioni per realizzare la politica europea sull’immigrazione. Questo è un chiaro segnale della direzione che vuole prendere”. ◆ sm
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1396 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati