Quando a Londra arrivò la notizia di un animale simile a una talpa con le zampe palmate e il becco d’anatra, molti pensarono a uno scherzo. Era la fine del settecento, il Regno Unito aveva appena cominciato a colonizzare l’Australia e la strana creatura era stata avvistata nientemeno che da David Collins, il fondatore del New South Wales. Ma quando lo zoologo George Shaw del British museum esaminò gli schizzi e i campioni dell’animale, espresse scetticismo. “Fa pensare a un inganno creato artificialmente”, scrisse. Le cose cambiarono con l’arrivo di altri esemplari. Nel 1799, Shaw fu il primo a descrivere scientificamente la creatura, dandole il nome di Platypus anatinus, cioè “animale dai piedi piatti simile a un’anatra”. In seguito fu chiamato “paradossale becco di uccello”, per poi essere ufficialmente ribattezzato Ornithorhynchus anatinus, che significa “muso di uccello simile a un’anatra”. Oggi la maggior parte delle persone lo chiama semplicemente ornitorinco.
Ci sono voluti più di ottant’anni solo per capire che posto avesse questo animale nell’albero della vita. Da allora i biologi hanno scoperto che possiede una serie di caratteristiche che lo rendono una delle creature più insolite della Terra. Ma l’ornitorinco non è solo una stranezza. Da mammifero che condivide molte caratteristiche con gli uccelli e i rettili, l’ornitorinco ci offre la chiave per comprendere alcuni misteri evolutivi fondamentali. Ora i genetisti hanno mappato il suo intero genoma e stanno cominciando a capire perché è così particolare e cosa può dirci sulle origini di tutti i mammiferi, compresi gli esseri umani. A quanto pare l’ornitorinco è ancora in grado di sorprenderci.
Sonno profondo
L’ornitorinco è una delle cinque specie rimaste di un antico gruppo di mammiferi chiamati monotremi, che depongono uova invece di dare alla luce piccoli vivi come fanno tutti i mammiferi. Gli altri monotremi viventi, le quattro specie di echidna, sono altrettanto bizzarri. Gli ornitorinchi, che si trovano solo nei corsi d’acqua della Tasmania e dell’Australia orientale, sono animali notturni e crescono fino a circa mezzo metro di lunghezza. Possono sembrare un miscuglio di vari animali, ma dal punto di vista ecologico hanno un senso. “Si sono perfettamente adattati al loro ambiente”, afferma il biologo Jonathan Losos della Washington university di St Louis, nel Missouri. I piedi palmati, il corpo allungato e la pelliccia fitta e impermeabile sono perfetti per lo stile di vita semiacquatico. Gli artigli li rendono ottimi scavatori: vivono in gallerie lunghe circa cinque metri sulle rive dei fiumi. E il becco d’anatra gli permette di cercare crostacei e insetti mentre nuotano sott’acqua con gli occhi, le orecchie e il naso chiusi. “Hanno un incredibile senso di elettroricezione nel becco, che gli fa percepire l’attività muscolare delle loro prede, anche le più piccole contrazioni muscolari”, afferma Losos.
Il becco è fatto di tessuti gengivali induriti. Dato che gli ornitorinchi non hanno denti, lo usano per masticare il cibo, a volte impiegando pietre per schiacciare gli oggetti più duri. Una volta ingerito, il cibo viaggia direttamente dall’esofago all’intestino: gli ornitorinchi, insieme alle echidne, sono gli unici mammiferi senza stomaco. Quest’organo si è evoluto circa 450 milioni di anni fa, ben prima che arrivassero gli ornitorinchi, e non è chiaro perché questi animali lo abbiano perso. Qualcuno ipotizza che i gusci che fanno parte della loro dieta, essendo ricchi di carbonato di calcio, neutralizzino gli acidi dello stomaco, rendendolo superfluo.
Quando non cacciano, gli ornitorinchi riposano. Possono dormire per circa quattordici ore al giorno, comprese otto ore di sonno rem, più di qualsiasi altro animale. È strano, perché almeno negli esseri umani il sonno rem è associato allo sviluppo del cervello e all’elaborazione dei ricordi. La sua abbondanza negli ornitorinchi fa pensare che questo tipo di sonno sia emerso nell’evoluzione dei mammiferi prima di quanto si pensasse in precedenza, afferma Losos, e che le sue funzioni si siano evolute separatamente per soddisfare le esigenze di specie diverse.
Un’altra stranezza dell’ornitorinco scoperta di recente è ancora più sconcertante. Nel 2020 i ricercatori del Field museum of natural history di Chicago hanno scoperto che brilla al buio. Stavano cercando di confermare questo fenomeno (chiamato biofluorescenza) in un’altra specie, quando hanno accidentalmente puntato la luce ultravioletta su un esemplare di ornitorinco che si trovava nelle vicinanze. Con loro grande sorpresa, la sua pelliccia ha emesso un bagliore verde-azzurro. La biofluorescenza viene di solito usata per la comunicazione o il camuffamento, ma questo non ha senso in una specie notturna. “Gli scienziati non hanno assolutamente idea di come spiegarlo”, dice Losos.
Poi c’è il suo peculiare comportamento riproduttivo. Come gli uccelli e i rettili, i monotremi hanno una cloaca, un’unica apertura usata per la riproduzione e l’escrezione, da cui deriva il loro nome. Durante la stagione degli amori, i maschi combattono per le femmine usando gli speroni che hanno sulle zampe posteriori, che rilasciano abbastanza veleno da uccidere un piccolo animale o da causare dolori atroci agli esseri umani. Intanto le femmine usano gli artigli per costruire una tana per i piccoli. Scavano dei tunnel lunghi anche trenta metri, che rivestono di foglie bagnate. Dopo essersi accoppiate si chiudono lì dentro, depongono due uova e le tengono strette sotto la coda per covarle. Dopo soli dieci giorni nascono i piccoli, delle dimensioni di un fagiolo. Le madri non hanno capezzoli. “Secernono il latte dalla pancia e i cuccioli lo leccano”, spiega Losos. All’inizio i piccoli hanno i denti, ma li perdono intorno ai quattro mesi, quando lasciano le tane e diventano indipendenti.
L’antenato mancante
Dato che depongono uova e producono latte, si è tentati di vedere i monotremi come l’anello di congiunzione tra rettili e mammiferi. In realtà non è così semplice. Per capire il perché, e per spiegare le ultime scoperte genetiche, dobbiamo tornare ai primi animali che conquistarono la terraferma: i tetrapodi.
Molti pensano che i mammiferi si siano evoluti dai rettili, ma questo non potrebbe essere più lontano dalla verità, afferma la paleontologa Elsa Panciroli del Museo di storia naturale dell’università di Oxford. I sinapsidi (mammiferi) e i sauropsidi (rettili e uccelli) si sono sviluppati separatamente dopo essersi staccati da un’unica linea evolutiva circa 310 milioni di anni fa. “Fino a quel momento non erano né rettili né mammiferi: erano tetrapodi”, dice Panciroli.
I primi mammiferi vivevano insieme ai dinosauri, quindi dovevano affrontare una forte concorrenza. “Così scoprirono questo modo di vivere assolutamente fantastico”, dice Panciroli. Essere insettivori piccoli e notturni, simili a toporagni, gli ha permesso di prosperare. Questi primi veri mammiferi appartenevano a un ordine estinto, quello dei morganucodonti. Successivamente si sono evoluti altri gruppi di mammiferi, ma alla fine ne è sopravvissuto solo uno. Oggi è formato da tre linee: i monotremi, i marsupiali e i placentati, molto più numerosi, che si distinguono perché il feto resta nell’utero materno fino a una fase più avanzata dello sviluppo. Marsupiali e placentati formano insieme una sottoclasse chiamata teri, che si è separata da un antenato comune circa 130 milioni di anni fa. I monotremi invece sono più antichi e risalgono a circa 180 milioni di anni fa. “Hanno una storia straordinaria”, dice la biologa evoluzionista Vera Weisbecker della Flinders university, in Australia.
Tutto questo fa pensare che i primi monotremi non somigliassero a quelli di oggi, ma fossero simili ai morganucodonti. Purtroppo non abbiamo prove fossili di questa ipotesi, precisa Panciroli. Né abbiamo fossili di forme intermedie. La più antica testimonianza di ornitorinchi in Australia è costituita da alcuni crani fossili risalenti a soli 15 milioni di anni fa. Sono i resti di una specie estinta che aveva i denti ed era lunga fino a un metro. Il dente di un’altra specie estinta avrebbe 62 milioni di anni, ma proviene da quella che oggi è l’Argentina. Non è una sorpresa, dato che quando i monotremi emersero il Sudamerica e l’Australia erano unite e facevano parte del supercontinente Gondwana. Evidentemente, in Sudamerica gli ornitorinchi si sono estinti dopo la frammentazione del Gondwana, cominciata circa 140 milioni di anni fa. Il motivo per cui sono sopravvissuti in Australia e per cui oggi esiste una sola specie è ancora sconosciuto. Panciroli ipotizza che la risposta stia nei fossili degli antenati sudamericani dei monotremi, ancora da scoprire. Ma Weisbecker pensa che gli ornitorinchi fossero rari in quella regione: “Potrebbero essere sempre stati solo in Australia”.
Indizi genetici
Andando più indietro nel tempo, la mancanza di fossili è ancora più problematica. Si pensava che il primo mammifero producesse latte, deponesse uova e avesse una cloaca. Ma non ci sono prove definitive a conferma di nessuna di queste ipotesi. “Se trovassimo un uovo fossile di mammifero, sarebbe come aver scoperto il sacro graal”, afferma Panciroli.
Quello che abbiamo, tuttavia, sono le prove genetiche contenute in ogni cellula dei monotremi viventi, e ora queste prove possono essere esaminate. Nel 2021 Guojie Zhang dell’università di Copenaghen e il suo team hanno pubblicato il genoma completo dell’ornitorinco, insieme al primo genoma di echidna completamente sequenziato. “Contengono molti indizi sull’evoluzione dei primi mammiferi”, dice Zhang.
I cromosomi sessuali dell’ornitorinco raccontano un’altra storia affascinante
Tanto per cominciare, i ricercatori sono stati in grado di assegnare delle date ai rami chiave dell’albero genealogico dei mammiferi. Confrontando i genomi dei monotremi con quelli di altri mammiferi viventi, sono riusciti a datare la separazione tra teri e monotremi a circa 187 milioni di anni fa, leggermente prima di quanto stimato in precedenza. L’analisi ha rivelato anche che gli ornitorinchi e le echidne si separarono più o meno 55 milioni di anni fa. I due monotremi si sono adattati ai rispettivi ambienti, ma sono rimasti geneticamente molto simili. Per esempio, i monotremi hanno perso metà degli otto geni collegati allo sviluppo dei denti poco prima che le linee evolutive dell’ornitorinco e dell’echidna si dividessero. Anche molti dei geni coinvolti nella digestione sono scomparsi in quel periodo, il che fa pensare che sia le echidne sia gli ornitorinchi abbiano perso allora lo stomaco e i denti.
L’evidenza genetica fa luce anche sul passaggio dalla deposizione delle uova al parto. L’ornitorinco possiede i geni per la codifica di una proteina chiamata caseina, che si trova solo nei mammiferi ed è cruciale per la produzione del latte. Questo fa pensare che la produzione di latte deve essersi sviluppata negli antenati comuni di tutti i mammiferi moderni più di 187 milioni di anni fa. Il latte di ornitorinco però ha un ingrediente unico. Il genoma rivela che contiene proteine antibatteriche, forse per proteggere i piccoli dai patogeni mentre si trovano nelle tane.
Grazie alla capacità di produrre latte i primi mammiferi non avevano più bisogno di deporre uova per sostentare la loro prole durante lo sviluppo. Il genoma dell’ornitorinco lo conferma. Rettili e uccelli hanno tre geni per le proteine chiamate vitellogenine, che sono fondamentali per la produzione del tuorlo. Gli esseri umani e gli altri teri ne sono sprovvisti, ma gli ornitorinchi e le echidne ne hanno ancora uno, e continuano a deporre uova in virtù della vitellogenina prodotta da quel gene. Gli altri due geni sembrano essere andati persi circa 130 milioni di anni fa, afferma Zhang. L’ultimo dev’essere scomparso più tardi nei teri e la pratica di dare alla luce piccoli vivi dev’essersi evoluta in quei mammiferi dopo che si sono separati dai monotremi.
I cromosomi sessuali dell’ornitorinco raccontano un’altra storia affascinante. Gli altri mammiferi generalmente ne hanno due, X e Y, che sono accoppiati come XX nelle femmine e XY nei maschi. Gli ornitorinchi ne hanno dieci: X1X1X2X2X3X3X4X4X5X5 nelle femmine e X1Y1X2Y2X3Y3X4Y4X5Y5 nei maschi. Studiando più da vicino i cromosomi sessuali di un maschio, i ricercatori hanno scoperto che il cromosoma X1 ha sequenze genetiche simili a quelle del cromosoma Y1. Y1 è simile a X2, e così via fino a Y5, che somiglia a X1. “Possiamo supporre che nell’antenato monotremo formassero un anello”, afferma Zhang. Cosa significhi per gli altri mammiferi primitivi non è chiaro, ma questi cromosomi non sono mai stati trovati in un animale vivente. L’anello dev’essersi rotto in pezzi più piccoli di cromosomi X e Y nel corso dell’evoluzione dei mammiferi, e in seguito si è sviluppato il sistema a due cromosomi sessuali.
La terza coordinata
Non è tutto. Dopo aver confrontato i cromosomi sessuali dell’ornitorinco con quelli di altri animali, i ricercatori hanno trovato più parallelismi con quelli dei polli che con quelli degli umani. “Non hanno niente in comune con i nostri”, afferma Zhang. “Le cinque coppie di XY sono più simili ai cromosomi ZW degli uccelli”. Gli ornitorinchi hanno diverse sequenze genetiche che corrispondono a quelle trovate negli uccelli, mentre i cromosomi sessuali dei teri e degli uccelli non hanno geni in comune. Questa sovrapposizione con gli uccelli potrebbe significare che l’ornitorinco presenta ancora sequenze genetiche ereditate dalle prime specie di tetrapodi, prima che uccelli e mammiferi si separassero da loro.
L’analisi del genoma di Zhang ha ampliato la nostra comprensione dell’ornitorinco e dell’evoluzione dei mammiferi. “I monotremi sono la terza coordinata che ci indica la direzione giusta per orientarci nell’evoluzione dei mammiferi”, dice Panciroli. La sfida, tuttavia, è capire quali aspetti della biologia dell’ornitorinco siano davvero rappresentativi del passato. Anche se possiedono caratteristiche antiche, non dovremmo considerarli dei fossili viventi, afferma Panciroli. “Sono evolutivamente distinti”.
Purtroppo, il numero degli ornitorinchi sta diminuendo perché i loro habitat sono sempre più compromessi. Ormai sono classificati prossimi alla minaccia dall’Unione internazionale per la conservazione della natura. L’echidna e l’ornitorinco sono gli unici monotremi rimasti, rappresentano la fase finale di una linea evolutiva che risale a prima dei dinosauri. “Sarebbe un peccato se li perdessimo”, dice Losos. “Nel mondo non c’è nient’altro come loro”.◆ bt
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Questo articolo è uscito sul numero 1414 di Internazionale, a pagina 60. Compra questo numero | Abbonati