È una reazione che conosciamo bene: quando qualcuno smentisce quello che stiamo dicendo o critica il modo in cui carichiamo la lavastoviglie ci arrabbiamo, ci mettiamo sulla difensiva, ci sentiamo attaccati, imbarazzati. Come rispondiamo? Continuiamo a sostenere di avere ragione? O accettiamo le critiche? Ammettere di avere torto può essere molto difficile, ma riconoscere i propri errori, una capacità che gli psicologi chiamano umiltà intellettuale, è una dote essenziale.

Secondo diverse ricerche, le persone che ce l’hanno pensano in modo più critico e sono meno prevenute e dogmatiche. Tenelle Porter, che insegna psicologia alla Rowan university, negli Stati Uniti, dice: “Sono capaci di percepire i limiti delle loro idee e delle loro conoscenze”. Sono consapevoli che a tutti capita di sbagliare e ammettono le loro lacune. Di contro, gli individui con scarsa umiltà intellettuale tendono a essere troppo sicuri delle loro opinioni e non le cambiano nemmeno davanti a prove che le smentiscono.

Le persone intellettualmente umili di solito hanno anche relazioni migliori: secondo la psicoterapeuta statunitense Nedra Glover Tawwab, non riuscire ad accogliere la prospettiva degli altri può compromettere la fiducia reciproca; riconoscere di avere torto, al contrario, offre grandi opportunità per rafforzarla. Secondo alcuni studi, le coppie dotate di umiltà intellettuale tendono a risolvere i conflitti in modo più sano e a essere più soddisfatti del loro rapporto.

Di solito le persone preferiscono stringere amicizie o avere una relazione sentimentale con chi è più umile, afferma Daryl Van Tongeren, docente di psicologia dell’Hope college, negli Stati Uniti. E, se entrambi i partner hanno questa caratteristica, il passaggio verso la genitorialità risulta più naturale e meno stressante. Spesso le persone con scarsa umiltà intellettuale si mettono sulla difensiva quando vengono contraddette, spiega Leor Zmigrod, neuroscienziata e autrice di un libro sul pensiero rigido. Visto che si sentono attaccate o insultate, reagiscono con aggressività, aggiunge.

È difficile riconoscere questo atteggiamento in se stessi. Quando Van Tongeren ha pubblicato il suo libro sull’umiltà, riceveva commenti tipo: “Umiltà? Quella che manca a mio suocero”. “Ma nessuno rispondeva dicendo: ‘Ah, è quello di cui avrei bisogno io’”, sottolinea.

Ma come si impara ad ammettere di avere sbagliato? “Le persone in genere fanno fatica a capire se hanno una mentalità flessibile o rigida”, dice Zmigrod. Un buon metodo è cominciare a fare caso a come reagite quando vi contraddicono. È importante rendersi conto se le emozioni e l’ego prendono il sopravvento. Nel tempo questo esercizio vi permetterà di comprendere meglio le vostre reazioni.

Se però questo lavoro di introspezione vi risulta difficile, Van Tongeren suggerisce di chiedere agli altri un parere su come rispondete e se avete un atteggiamento difensivo. “Chiedetelo a persone che fanno parte di diversi ambiti della vostra vita”, precisa Van Tongeren. “Perché magari al lavoro siete molto umili ma a casa lo siete di meno, o viceversa”. Mentre raccogliete queste informazioni, potete far presente ai vostri interlocutori che state cercando di lavorare su voi stessi.

Ma prima di imbarcarvi in questo progetto chiedetevi se siete davvero pronti a sapere ciò che gli altri pensano di voi.

Crescita personale

Il primo passo è “rielaborare cosa vuol dire avere torto”, spiega Tawwab. Molte persone sono convinte che significhi essere stupidi, ignoranti o meno meritevoli, ma se vivessimo in un mondo in cui nessuno sbaglia o ha la possibilità di sbagliare “non cambierebbe mai niente”, sottolinea la psicoterapeuta. Associare l’errore alla crescita personale, alla curiosità e ad altri valori positivi può farci sentire meno a disagio all’idea di non avere ragione.

Esistono metodi scientifici che ci vengono in aiuto. Uno è abbastanza semplice: ascoltare. Le persone capaci di ammettere senza problemi che hanno torto di solito sono brave in questo, spiega Van Tongeren.“L’atto di ascoltare genera e rafforza l’umiltà” . Se riconoscere l’errore è difficile, ricordiamoci di un momento in cui abbiamo capito che stavamo sbagliando. Riportare alla memoria la propria fallibilità “può aiutare a ricalibrarsi e capire meglio in cosa si ha sbagliato”, precisa.

Prendersi del tempo

Se volete convincere qualcuno vicino a voi a lavorare sulla sua umiltà intellettuale, per prima cosa dovete fargli capire che si trova in un ambiente sicuro, in cui è permesso sbagliare, sottolinea Tawwab. “Le persone tendono a metabolizzare meglio le informazioni quando le cercano attivamente”. Per questo, anziché impartire lezioni sull’importanza di riconoscere i propri errori, sarebbe meglio condividere articoli e libri che possano stimolare una riflessione, permettendo all’altro di arrivare autonomamente alle proprie conclusioni. Poi si può proporre di risolvere il problema insieme, aggiunge Van Tongeren.

Una volta che sarete in grado di riconoscere i vostri errori e ammetterlo a voi stessi senza una reazione esagerata, confessarlo agli altri sarà molto più facile. Certo, potreste avere bisogno di un po’ di tempo. In questo caso potrete tornare da loro qualche giorno dopo. “Anche se non riuscite ad ammettere subito di aver sbagliato, c’è sempre tempo per riprendere la conversazione in un secondo momento”. Pian piano riuscirete a essere più consapevoli e a diventare più reattivi, fino a quando sarete capaci di riconoscere gli errori all’istante. Probabilmente, nel frattempo, anche i vostri rapporti personali miglioreranno.

Secondo Tenelle Porter, oggi ci sono molti fattori che spingono in senso contrario rispetto all’umiltà intellettuale. Per esempio i social portano a esprimere opinioni sempre più radicali, e questo rende tutti meno disponibili a cambiare idea o ad ammettere di avere torto. Ma è importante ricordarsi che, a prescindere da quanto sia difficile, le persone attribuiscono un grande valore a questa capacità. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1622 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati