Di recente la distanza tra arte, attivismo e informazione è andata riducendosi. A questo processo ha dato un contributo determinante il gruppo di ricerca Forensic architecture (forensic-architecture.org), fondato da Eyal Weizman e con sede all’università Goldsmith di Londra. Da quindici anni quest’agenzia produce inchieste audiovisive in cui tramite diverse tecniche (fotogrammetria, radar, confronto tra video diversi) fa luce su “incidenti” connessi a violazioni dei diritti umani (genocidi ed ecocidi, repressioni poliziesche, naufragi e così via). Questo libro espone i princìpi teorici che guidano queste ricerche, tra cui la distinzione di terreno (dove avviene l’incidente), laboratorio (dove viene studiato e ricostruito) e forum (dove i risultati vengono presentati). In un capitolo si sofferma sull’“investigazione”, un procedimento di ricostruzione di un certo evento basato su indizi, che collega dati in gran parte già disponibili. In un altro insiste sulle specificità dell’“estetica”, definita non come un abbellimento, ma come un sistema di costruzione del senso, cosciente del peso delle tecnologie usate e delle forme narrative con cui l’inchiesta è presentata. Un terzo capitolo amplia infine la prospettiva e avanza proposte per diffondere questa estetica come modalità condivisa per comprendere la sfuggente realtà in cui siamo immersi. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1638 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati
 
			 
                         
                     
                     
                     
	                 
	                 
	                 
            