Quando si parla di tregua e ritorno alla normalità, bisogna ricordarsi cos’è, per chi vive nella Striscia di Gaza, la normalità. Dalla metà degli anni duemila all’ottobre del 2024, quando poi ha imposto un blocco totale, Israele ha vietato l’ingresso nella Striscia di una serie di prodotti per “ragioni di sicurezza”. Questa lista, allungata e ridotta senza dare spiegazioni, nel corso del tempo ha incluso: lampadine, candele, fiammiferi, libri, strumenti musicali, matite, pastelli, vestiti, scarpe, materassi, lenzuola, federe, coperte, pasta (vietata nel 2007, dal maggio 2009 è stata di nuovo autorizzata dopo che l’allora senatore statunitense John Kerry aveva espresso il suo stupore durante una visita a Gaza), tè, caffè, cioccolato, noci, aceto, carne fresca, frutta secca, patatine fritte, posate, tazze, bicchieri, shampoo, balsamo per capelli, scale pieghevoli in alluminio, frigoriferi, computer, computer portatili, estintori, cemento, calcestruzzo, legname da costruzione, frutta sciroppata, succhi di frutta, marmellata, albicocche, prugne, carote, uva, avocado, miele, carne in scatola, pomodoro concentrato, latte, tavoli operatori e strumenti chirurgici, carta igienica, bombole di ossigeno, noce moscata, mandorle, coriandolo, sesamo, ciliegie, kiwi, melograni, zucche, angurie, semola, cipolle, salvia, pepe nero, gomme da masticare, stoffa, carta, pannelli solari di qualsiasi tipo, vasi da fiori, piante d’appartamento, tessuti e materiali per cucire, articoli per la scuola, giocattoli di plastica, biscotti, omogeneizzati per bambini, acqua minerale, giornali, rasoi, stufe, canne da pesca, lenze per la pesca, cavalli, sonde per ecografie, penne di insulina pediatriche, pannolini, fotocopiatrici, lavatrici, ricambi per macchine e automobili, vestiti da sposa. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1639 di Internazionale, a pagina 7. Compra questo numero | Abbonati