George, 82 anni, passa le sue giornate in una casa di riposo. Seth, quattro anni, è orfano di padre e non ha nonni. Seth convince George a indossare una buffa parrucca gialla per scattare una polaroid insieme, per portarsela dietro. George guarda la foto e con un sorriso commosso dice che un po’ gli ricorda com’era. Questo andirivieni emotivo tra il momento del gioco guidato dal bambino e la considerazione intima dell’adulto, rivolta al passato, è alla base di Old people’s home for 4 year olds. Il programma, nato nel Regno Unito, segue per qualche giorno un gruppo di bambini piccoli con i residenti di una casa di riposo. Tra giocattoli e deambulatori, la vivacità dei pargoli interrompe il muto tempo di attesa della struttura. Dipingono, strimpellano, piroettano e per prendere respiro fanno domande: perché hai il naso bitorzoluto? Mi fai vedere come balli? Mi aiuti a disegnarti? I “nonni” partecipano e raccontano. Talvolta piangono. Un esperimento sociale in forma d’intrattenimento (così nacque anche il Grande fratello) per affermare che i bambini fanno bene alla salute degli anziani e che se lasci i genitori fuori della porta quello spazio diventa un’oasi dove nessuno deve dimostrare niente. L’equilibrio tra sentimento e sentimentalismo è precario ma ogni episodio si conclude con abbracci e promesse. Solo Sarah, 92 anni, nel vedere il suo girello usato a mo’ di autoscontro, tradisce una certa incazzatura. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1632 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati