Il 2025 è stato segnato dal trauma Trump: un’ondata di brutalità, nazionalismo ed estrattivismo ha scosso il mondo come non succedeva dal 1945. Per capire meglio come sia stato possibile bisogna risalire alle origini, cioè al Project 2025, quel documento di 920 pagine pubblicato nel 2023 dalla Heritage foundation, il più influente centro studi conservatore di Washington. Ministero per ministero (sicurezza, immigrazione, istruzione, energia, commercio) il documento descriveva la strategia da seguire dopo l’arrivo al potere del candidato repubblicano, giungendo perfino a precisare il contenuto dei decreti presidenziali, che effettivamente sono stati firmati a cascata da Donald Trump dopo la sua investitura.

Il Project 2025 si basava sul lavoro di centinaia di esperti conservatori (così si definiscono) messi insieme da una fondazione finanziata da aziende e miliardari. Leggendolo oggi, colpisce il fatto che nell’ultimo anno la Casa Bianca l’abbia seguito quasi alla lettera. E la nuova dottrina della sicurezza nazionale pubblicata il 5 dicembre sembra quasi un copia-incolla di quel documento.

L’avversario della destra nazionalista incarnata dai trumpiani è la sinistra socialdemocratica, che può riuscire a sconfiggerla se saprà uscire dal vicolo cieco liberista

Il Project 2025 individua una serie di nemici politici e ideologici. In primo luogo i liberali, sostenitori del libero scambio e della globalizzazione felice, considerati degli utili idioti. Facili da battere e da odiare, queste élite si fanno beffe della deindustrializzazione, della perdita di posti di lavoro e della distruzione delle comunità locali. Al contrario, i conservatori del Project 2025 si assumono il compito di proteggere queste comunità. Prima di tutto affermando la potenza degli Stati Uniti nel mondo, a suon di dazi e di estrattivismo a trecentosessanta gradi: espropri diretti di risorse (Ucraina, Panamá, Groenlandia), tributo militare imposto agli europei, fuga in avanti verso le energie fossili. Poi rivalutando i valori familiari e il rispetto delle gerarchie naturali e culturali. La piaga della fatherlessness (il crescere senza padre, situazione che tocca in particolare le minoranze etniche) viene attribuita ai discorsi liberali che criticano la famiglia tradizionale.

Per il Project 2025, però, c’è un nemico molto più pericoloso: i socialisti internazionalisti e i loro progetti di un sovra-stato mondiale. Questo timore può far sorridere: i trumpiani a volte tendono a scambiare i socialdemocratici europei per dei pericolosi rivoluzionari marxisti. Tuttavia, questa paura va presa sul serio, innanzitutto perché i sostenitori del socialismo democratico – come Bernie Sanders o Zohran Mamdani – negli ultimi dieci anni sono diventati molto popolari tra i giovani statunitensi.

Gli autori del Project 2025, inoltre, sembrano traumatizzati dai dibattiti sulle tassazioni internazionali, i risarcimenti climatici o la riforma del sistema finanziario, emersi a partire dalla crisi del 2008 e dagli accordi di Parigi del 2015. Detestano la proposta del Brasile per la creazione di un’imposta globale sui miliardari, così come la grande emissione di valuta internazionale (i diritti speciali di prelievo del Fondo monetario internazionale) avvenuta dopo le crisi del 2008 e del 2020. Tanto più che gli Stati Uniti presto perderanno il loro diritto di veto su queste decisioni, man mano che diminuirà la loro quota nel pil mondiale.

Un passaggio rivelatore del documento riguarda il commercio. Il capitolo principale sostiene un’ondata di dazi doganali simili a quelli che Trump ha imposto nel 2025. Come il presidente statunitense, l’autore non sembra farsi illusioni sulla creazione di posti di lavoro nell’industria. In generale, il rapporto mostra una limitata empatia nei confronti dei più poveri e si fonda su un uso strumentale, paternalistico e gerarchico del voto operaio. L’obiettivo principale dei dazi doganali sembra essere quello di fornire entrate al governo federale e di portare avanti l’impresa di demolire la tassazione progressiva.

Il secondo capitolo dedicato al commercio, però, contraddice il primo e critica questa strategia. L’autore conservatore teme che, mettendo in discussione in maniera così esplicita i princìpi del libero mercato, si spalancherebbero le porte alla pianificazione socialista e alla giustizia climatica, incubo dei conservatori. I trumpiani alla fine hanno fatto la scelta del protezionismo, ma la paura di una deriva socialista è evidente.

Di fatto, il vero nemico della destra nazionalista incarnata dai trumpiani è la sinistra socialdemocratica, che può riuscire a sconfiggerla, ma a condizione di sapersi organizzare e uscire dal vicolo cieco liberista nel quale si è impantanata.

La brutalità trumpiana è un segno di debolezza. Gli Stati Uniti stanno perdendo il controllo del mondo e alcuni pensano di evitare questa sorte ordinando agli europei di preservare la loro purezza razziale per salvaguardare l’alleanza occidentale. Non faranno altro che intaccare ulteriormente l’immagine del loro paese e convincere il resto del mondo che il futuro si dovrà scrivere senza di loro. ◆ fdl

Questo articolo è uscito su Le Monde.

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Questo articolo è uscito sul numero 1645 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati