Nel settembre 1988, in uno spot pubblicitario per il referendum sulla permanenza o meno al potere del dittatore Augusto Pinochet, a un certo punto compariva uno studente di diritto dell’università cattolica del Cile. Aveva 22 anni e si chiamava José Antonio Kast. Si dichiarò “convinto” che le azioni del regime militare andassero a “diretto beneficio” della sua generazione. Il ragazzo era il fratello minore di Miguel Kast, ministro durante la dittatura. Il 14 dicembre, a quasi quarant’anni da quell’apparizione televisiva, Kast ha vinto le elezioni presidenziali contro la candidata comunista Jeannette Jara. Era il suo terzo tentativo di arrivare alla guida del paese. Per la prima volta nella storia, il capo di stato del Cile sarà una persona che ha sostenuto il regime di Pinochet. “Se fosse vivo, voterebbe per me”, aveva detto Kast nella campagna elettorale del 2017.

Il suo mentore politico più importante è stato Jaime Guzmán, uno dei principali ideologi della destra cilena e consigliere del generale Pinochet. Aveva fondato il partito Unione democratica indipendente (Udi) e fu ucciso nel 1991, quando era senatore. Kast l’aveva conosciuto ai tempi dell’università e le sue idee lo spinsero a entrare nell’Udi, dove ha militato per vent’anni. Nel 2016, però, è uscito dal partito perché secondo lui si era allontanato dai princìpi originari. L’anno dopo, per la prima volta, Kast si è candidato alla presidenza come indipendente. Proponeva la chiusura della frontiera con la Bolivia per controllare il narcotraffico, la presenza degli insegnanti di religione in tutte le scuole pubbliche e un’amnistia “per tutti quelli che sono stati ingiustamente perseguitati” nei processi per le violazioni dei diritti umani durante la dittatura militare. Aveva ottenuto l’8 per cento dei voti e capito che in Cile c’era spazio per una politica più estremista. Nel 2021, dopo aver fondato il Partito repubblicano, si è presentato di nuovo alle elezioni presidenziali. Il suo programma parlava di una “nuova destra” che doveva affrontare il “collasso istituzionale e ideologico” dello schieramento. Tra le altre cose, il Partito repubblicano sosteneva la riduzione della presenza dello stato, l’abolizione della legge sull’aborto in tre casi specifici e l’eliminazione del ministero della donna. Al primo turno Kast aveva ottenuto il 27,8 per cento dei voti, ma al ballottaggio era stato battuto dal candidato di sinistra Gabriel Boric, anche se aveva moderato i toni e alcune proposte. Dopo questa seconda sconfitta, Kast è stato presidente del Political network for values, una rete ultraconservatrice che unisce politici e attivisti in Europa, America Latina, Stati Uniti e Africa, contraria al “femminismo radicale”, all’“ideologia di genere”, all’aborto e ostile verso la comunità lgbt.

Alcuni giorni prima di abbandonare l’incarico, nel dicembre 2024, Kast ha partecipato a un vertice antiabortista organizzato nel senato spagnolo e ha detto: “Le persone che ci prendono in giro sui giornali e seminano odio contro di noi sui social media sono le stesse che ci temono. Hanno paura perché sanno che siamo irriducibili, che siamo coraggiosi e che non smetteremo di difendere certi valori”.

Convinzioni forti

Kast ha partecipato anche ad alcune riunioni tra i leader mondiali dell’estrema destra, come la Conservative political action conference (Cpac) negli Stati Uniti o il convegno del partito di estrema destra spagnolo Vox a Madrid, dove ha incontrato Santiago Abascal, il presidente salvadoregno Nayib Bukele e il primo ministro ungherese Viktor Orbán. Sono tre paesi che Kast ha visitato durante la sua ultima campagna elettorale. Nel 2021 Kast aveva perso soprattutto perché le donne e i giovani si erano mobilitati contro di lui. Memore di quell’esperienza, quest’anno ha evitato di soffermarsi troppo su alcuni temi difesi in passato, dalle libertà individuali all’eredità della dittatura.

Padre di nove figli, sposato con l’avvocata Pía Adriasola e sostenitore del movimento apostolico Schoenstatt, in campagna elettorale Kast è stato attento a non offendere la sensibilità degli elettori che finora l’avevano sempre snobbato. Ha incentrato il suo discorso su una serie di proposte per un governo di emergenza che affronti il problema dell’insicurezza, che stimoli la crescita economica e imponga più controlli sull’immigrazione. Sono queste le principali preoccupazioni dei cileni.

Dal Cile

◆ Alle elezioni presidenziali del 14 dicembre 2025 la candidata comunista Jeannette Jara – scelta per dare continuità al governo di Gabriel Boric – ha ottenuto il risultato peggiore per il centrosinistra dopo il ritorno della democrazia nel 1990: il 41,8 per cento dei voti, contro il 58,2 per cento di José Antonio Kast. “Il trionfo dell’ultraconservatore Kast”, scrive il quotidiano La Tercera, “non solo implica un’alternanza al potere, ma segna anche la fine della dittatura come asse che ordinava la vita politica cilena: per la prima volta il paese avrà un presidente che nel 1988 appoggiò il sì al referendum sulla permanenza o meno al potere del generale Augusto Pinochet”. El Mercurio **sottolinea che Kast negli ultimi mesi ha evitato di parlare della sua ammirazione per Pinochet, puntando su immigrazione, sicurezza ed economia, che secondo i sondaggi sono le preoccupazioni principali dei cileni. Il sito **BioBioChile riporta le parole del presidente Gabriel Boric, che ha assicurato a Kast la piena collaborazione del suo governo nel passaggio di funzioni.


Il silenzio di Kast sull’“agenda dei valori” gli ha permesso di avere l’appoggio di figure più liberali e di presentarsi come la scelta migliore per la destra cilena. E al ballottaggio ha potuto contare anche sul sostegno dei centristi. Tuttavia Kast ha sottolineato più volte di non aver cambiato le sue convinzioni, a partire dal rifiuto del matrimonio omosessuale, della pillola del giorno dopo e della legge sull’identità di genere, solo per citarne alcune. “Sono un uomo di princìpi, difendo la vita dal concepimento alla morte naturale”, ha detto in campagna elettorale. “Torneremo a parlare di Dio, patria e famiglia”.

Diverse figure dell’ala più radicale della destra hanno promesso che faranno pressione sul parlamento per discutere la cosiddetta guerra culturale, preannunciando uno scontro interno con la destra più liberale. La leadership di Kast come presidente sarà messa alla prova dal marzo 2026, quando ci sarà il passaggio di consegne con l’attuale presidente Gabriel Boric. Il Partito repubblicano non ha mai governato, quindi non è chiaro se difenderà le posizioni sostenute in passato o avrà un approccio più moderato.◆as

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Questo articolo è uscito sul numero 1645 di Internazionale, a pagina 25. Compra questo numero | Abbonati