Ascolto con interesse i maschi oltre i sessant’anni per sondare la mia sorte ventura. Non cerco miti, proietto. E un po’ mi preoccupo. Li vedo (e mi prevedo) affaticati, nervosi, inquieti. Nel bailamme di critiche al linguaggio, proprio ora che l’età gli offre il pulpito dei saggi, mi pare di avvertirne la tachicardia e il velo di sudore nel proferire senza incidere, sentenziare senza muovere una foglia. Luca Barbareschi, con il suo talk show In barba a tutto (Rai 3) vorrebbe ribaltare i luoghi comuni, far emergere la verità in tempi di falsi, sferrare l’attacco definitivo al politicamente corretto. Intervista Rocco Siffredi. Si compiace del dialogo sul sesso che il pornoattore ha stabilito con i figli. Nessun pudore, “mica come certi magistrati che di giorno moraleggiano e la notte chissà”. S’informa sulla vita da set e stigmatizza il nuovo femminismo, per il quale ogni approccio sarebbe “in odor di stupro”. Senza particolari pezze d’appoggio, ma con le scarpe piene di sassolini, Barbareschi rivolge all’ospite domande consuete (“Quando torni a casa dal lavoro hai voglia di fare l’amore con tua moglie?”) per infilarci finalmente il suo disagio per un mondo che ha imboccato una direzione ostinata e contraria alla sua bussola ideale. Ma un po’ per i tempi di scaletta un po’ per l’affanno che ti coglie quando arriva il tuo momento, l’ansia da prestazione dell’attore affoga in uno stiracchiato “signora mia”. Sono preoccupatissimo. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1411 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati