Il 15 giugno su Teheran è calata la notte. Questa metropoli di quattordici milioni di abitanti si è trasformata in una città morta, deserta, a parte le lunghe file di auto in coda davanti ai distributori di benzina. Per tutto il giorno i viali e le superstrade che portano fuori dalla capitale sono stati presi d’assalto dai cittadini decisi a cercare riparo in provincia, lontano dai bombardamenti israeliani. La stessa mattina l’esercito israeliano aveva esortato gli iraniani, con un breve comunicato pubblicato in lingua persiana sui social media, ad “allontanarsi immediatamente e per il prossimo futuro dalle fabbriche di armi e dalle istituzioni che le sostengono” per non rischiare la vita. “Dove possiamo andare?”, “Come facciamo a sapere se siamo vicini a questi luoghi?”, “Quali aree, quale città?”, hanno reagito con preoccupazione gli iraniani nei commenti al comunicato dell’esercito israeliano.
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La notte tra il 12 e il 13 giugno, preludio di un fine settimana estivo, sembrava calma e tranquilla. Samira (il nome è stato cambiato per motivi di sicurezza), un’abitante di Teheran di 43 anni, era tornata a casa tardi con il marito dopo una festa con gli amici. Verso le tre del mattino è stata svegliata da “un enorme rumore”. “Era come se un camion fosse precipitato dal cielo”, racconta attraverso WhatsApp. Sono seguite urla, pianti e l’abbaiare di cani randagi. L’edificio di fronte alla sua casa era stato appena centrato da un missile israeliano. Dal balcone del sesto piano, in fiamme, i residenti chiedevano aiuto. “Il fumo bianco ci bruciava gli occhi e la gola”, ricorda Samira. Dai vicini di casa scesi in strada ha saputo che al piano colpito abitava Mohammad Mehdi Tehranchi, uno scienziato che lavorava al programma nucleare iraniano. Le squadre di emergenza, aiutate dai vigili del fuoco, le hanno poi comunicato che sono stati trovati almeno dodici corpi. “Secondo loro è impossibile fare un conto preciso, perché alcuni resti non permettono di identificare le vittime”, spiega Samira.
Mettersi in salvo
Il ministero della sanità iraniano sostiene che dall’inizio dell’attacco israeliano, la sera del 13 giugno, le persone uccise sono 224 e quelle ferite 1.277 (dati aggiornati al 18 giugno). “I civili sono il 90 per cento delle vittime”, aggiunge il ministero. Il bilancio è destinato ad aumentare, dato il gran numero di attacchi e la loro intensità.
A dimostrazione del nervosismo delle autorità, che temevano grandi assembramenti di persone in cui la situazione poteva sfuggire di mano, le stazioni della metropolitana di Teheran, che dovevano servire da rifugi, sono rimaste chiuse nella notte tra il 15 e il 16 giugno, mentre nessun quartiere della città è stato risparmiato dai bombardamenti. Il presidente del consiglio comunale di Teheran, Mehdi Chamran, ha ammesso che la capitale, come altre città del paese, non dispone di luoghi per mettersi in salvo e gli abitanti sono indifesi di fronte al fuoco israeliano. Gli attacchi si sono intensificati con il passare dei giorni, gettando il paese nell’incertezza e sull’orlo del caos. Sono stati presi di mira siti di grande valore strategico, in particolare il ministero della difesa a Teheran, basi militari e impianti di produzione missilistica, soprattutto quelli di Parchin e Khojir, alla periferia della capitale. È stata colpita anche la base di Isfahan, usata dalle forze aeree, e sono state bombardate le strutture sotterranee nell’ovest dell’Iran, che contenevano missili balistici. Sono state attaccate metodicamente infrastrutture energetiche vitali, come il deposito petrolifero di Shahran, a nordovest di Teheran, con l’obiettivo di causare scarsità di carburante e interruzioni di corrente. La raffineria di Fajr Jam, nella provincia di Bushehr, e il giacimento di gas South Pars, una delle più grandi riserve di gas naturale al mondo, sono stati colpiti innescando esplosioni a catena, incendi e interruzioni della produzione. Al danno economico si aggiunge il rischio ambientale: dai serbatoi in fiamme della raffineria di Shahr-e Ray, a sud di Teheran, il 15 giugno saliva un denso fumo nero. Il greggio iraniano contiene alte concentrazioni di zolfo e metalli pesanti, che lo rendono particolarmente pericoloso da respirare.
Il 15 giugno è toccato anche ai posti di comando della polizia nel cuore della capitale, perché Israele ha cominciato a prendere di mira i luoghi del potere, come i ministeri e gli uffici dei servizi di sicurezza. Teheran ha annunciato il 15 giugno la morte di Mohammad Kazemi, capo dell’intelligence dei Guardiani della rivoluzione, e del suo vice, Hassan Mohaghegh. Due giorni prima erano stati uccisi circa venti alti ufficiali e nove scienziati che lavoravano al programma nucleare.
Un clima cupo
I danni causati dalle esplosioni di presunte autobombe in città – informazioni non confermate ufficialmente – e le immagini di distruzione di luoghi simbolo della capitale come piazza Tajrish sono stati condivisi sui social media creando un clima cupo. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha lasciato intendere sul canale statunitense Fox News che gli attacchi potrebbero portare a un cambiamento nella leadership in Iran: “È un esito verosimile, perché il regime iraniano è molto debole”, ha dichiarato, rivendicando implicitamente una strategia del caos. Man mano che il bilancio delle vittime civili aumentava, la rabbia di Samira è cresciuta: “Sono state uccise persone innocenti. L’ho visto con i miei occhi. Perché devono morire i vicini di Mohammad Mehdi Tehranchi, che a quanto pare fa parte dei Guardiani della rivoluzione?”.
Come molti iraniani che vogliono un cambiamento, in passato Samira ha cercato di combattere il sistema dall’interno, votando per i candidati considerati più moderati nelle elezioni fortemente controllate dal clero iraniano. Senza successo. È scesa in piazza nel settembre 2022, dopo la morte di Mahsa Jina Amini, avvenuta mentre era sotto la custodia della polizia morale a causa di un velo “indossato male”. “Dalla morte di Amini, non ho più messo il velo, anche se è obbligatorio. Avevo grandi speranze che questo movimento portasse a un vero cambiamento, che il regime si tirasse indietro di fronte alla volontà del popolo e si riformasse. Ma non è successo. Ecco dove siamo ora, grazie a questi leader. Ma niente di tutto questo cambia il fatto che oggi è Israele a uccidere persone innocenti a Gaza. Israele è l’aggressore. E io non mi schiererò mai dalla parte dell’aggressore”.
◆ Il 17 giugno 2025 il presidente statunitense Donald Trump ha chiesto la resa incondizionata dell’Iran e assicurato che gli Stati Uniti potrebbero facilmente uccidere la guida suprema iraniana Ali Khamenei. Prima Trump aveva riunito il Consiglio per la sicurezza nazionale, in un momento in cui s’intensificano le voci su un possibile coinvolgimento diretto di Washington nel conflitto, nonostante il presidente abbia più volte dichiarato di preferire una soluzione diplomatica. La riunione, che si è tenuta nella cosiddetta Situation room, la sala di crisi della Casa Bianca, è durata circa un’ora e venti minuti, secondo un funzionario che ha chiesto di rimanere anonimo. Se gli Stati Uniti decidessero di entrare nel conflitto potrebbero usare la Gbu-57, una potente bomba anti-bunker in grado di distruggere anche la parte sotterranea degli impianti nucleari. Il 16 giugno il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva affermato che uccidere Khamenei “metterebbe fine al conflitto”, invitando gli iraniani a ribellarsi. Il presidente francese Emmanuel Macron ha invece dichiarato che un “cambio di regime” farebbe precipitare l’Iran nel caos.
◆Dall’inizio del conflitto, scatenato il 13 giugno da un attacco senza precedenti di Israele e proseguito nei giorni successivi con una serie di colpi reciproci, sono morte 224 persone in Iran (secondo un bilancio del ministero della salute aggiornato al 18 giugno) e 24 in Israele. Dal 13 giugno l’aviazione israeliana ha colpito centinaia di obiettivi militari e nucleari in Iran, uccidendo i più alti ufficiali iraniani e molti scienziati nucleari. L’Iran ha risposto con lanci di missili balistici e droni. Afp
Nella sua cerchia di amici e tra le persone che incontra, le opinioni sono discordanti. Nel suo quartiere, colpito dagli attacchi israeliani, ha parlato con un corriere e un impiegato di un negozio di alimentari “appartenenti agli strati meno privilegiati della società”, sottolinea. Secondo Samira, credono che “Israele non prenda di mira i cittadini comuni” e che “non tutti hanno i mezzi o il permesso di vivere in edifici dove vivono guardiani della rivoluzione o scienziati nucleari. Dicono anche di non vedere l’ora di liberarsi di questo regime”. Fin dall’inizio dei bombardamenti israeliani, l’ufficio della procura e i servizi di sicurezza hanno chiesto ai cittadini di astenersi dal diffondere immagini o informazioni sugli attacchi. Il 13 e 14 giugno i mezzi d’informazione statali hanno riferito dell’arresto di diversi iraniani accusati di aver pubblicato immagini dei bombardamenti o di aver “gioito per gli attacchi israeliani”. Il 14 giugno Motahareh Gounei, una studente attivista, è stata arrestata dalle forze di sicurezza a Teheran a causa dei messaggi che aveva pubblicato.
“Può darsi che molti abbiano portato legna a questo inferno, ma solo un demone ne ha acceso la miccia: il dispotismo religioso”, ha scritto Gounei nel suo ultimo messaggio su X. Sui social media si moltiplicano gli annunci della morte di civili, accompagnati da foto e video che raccontano frammenti della loro vita. Tra questi Saleh Bayrami, un noto grafico che aveva lavorato per diversi giornali e riviste iraniane, ucciso il 15 giugno mentre attraversava piazza Tajrish a Teheran.
In un messaggio pubblicato su X la mattina del 16 giugno, il ministro della difesa israeliano Israel Katz ha minacciato di voler attaccare indiscriminatamente la popolazione iraniana: “L’arrogante dittatore di Teheran è diventato un vile assassino che spara su Israele per convincere il suo esercito a fermare l’attacco che ne sta distruggendo le capacità. La popolazione di Teheran ne pagherà il prezzo, e presto”. ◆ adg
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Questo articolo è uscito sul numero 1619 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati