Immaginatevi David Lynch che rivede Disney fuso con i folli e surreali cartoons di Tex Avery e Chuck Jones per raccontare la realtà di un nordest italico globalizzato. Francesca Ghermandi, figlia dello scultore Quinto, è forse la sola artista al mondo ad avere una qualità plastica paragonabile a certi fumettisti statunitensi degli anni quaranta, cinquanta e sessanta, tendenzialmente surrealisti. Parte del fumetto d’autore italiano e statunitense costituisce forse la più appassionante rielaborazione della pop art e del concettuale dell’arte moderna. In Bang!, pubblicato più di vent’anni fa e ormai oggetto mitico, Ghermandi, con una qualità grafica fantasmagorica e colori pirotecnici, raggiunge il culmine di un’opera che trasfigura il postmoderno nel senso inteso da studiosi come Jean-François Lyotard (cioè sulla fine delle grandi narrazioni), ma soprattutto Fredric Jameson (cioè sull’essere umano destrutturato al suo interno fino a un cinismo di totale e multipla schizofrenia). Costantemente sovreccitato in modo isteroide, l’essere umano scivola in una forma di demenza da pupazzo, istupidito a forza di sollecitazioni ipercolorate di un mondo patinato, levigato, plastificato, totalmente falsificato e survoltato, uscito fuori da ogni binario di razionalità. Quello di Ghermandi è puro fumetto surrealista rivelatore dell’inconscio e perfetta rappresentazione, di una società consumistica andata in tilt. Ma follemente divertente.

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Questo articolo è uscito sul numero 1638 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati