Ancora prima di lanciare i suoi missili su una base statunitense e prima che il presidente Donald Trump provasse a negoziare un cessate il fuoco con Israele, l’Iran stava già cercando una via d’uscita. La mattina di lunedì 23 giugno il consiglio supremo per la sicurezza nazionale iraniano ha organizzato una riunione d’emergenza per discutere della ritorsione contro gli Stati Uniti. Nel fine settimana gli statunitensi avevano bombardato tre dei principali siti nucleari del paese, un altro duro colpo dopo una settimana di attacchi israeliani che avevano gravemente danneggiato la leadership e le infrastrutture militari iraniane.
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L’Iran aveva bisogno di salvare la faccia. Secondo quattro ufficiali iraniani informati sui piani di guerra, la guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, ha dato l’ordine di contrattaccare dall’interno di un bunker. Secondo gli stessi ufficiali – non autorizzati a parlare pubblicamente della guerra – Khamenei ha anche chiesto che gli attacchi fossero limitati, in modo da evitare una guerra su vasta scala con gli Stati Uniti.
L’Iran voleva colpire un obiettivo statunitense nella regione, ma ci teneva a impedire eventuali rappresaglie. Per questo, rivelano due pasdaran, i Guardiani della rivoluzione hanno scelto la base aerea di Al Udeid, in Qatar. Poiché è la più grande base statunitense nella regione, ritenevano che fosse coinvolta nel coordinamento degli attacchi con gli aerei B-2 statunitensi lanciati nel precedente fine settimana. E visto che si trova in Qatar, un alleato dell’Iran, gli ufficiali di Teheran hanno pensato che i danni potevano essere ragionevolmente contenuti. Diverse ore prima di colpire l’Iran ha usato degli intermediari per avvertire di un attacco imminente. Il Qatar ha chiuso lo spazio aereo e Washington è stata informata.
Al pubblico iraniano Teheran ha presentato il raid missilistico contro gli statunitensi come il prezzo da pagare per aver attaccato per primi. In un discorso televisivo un portavoce delle forze armate ha dichiarato che è stato sferrato dai Guardiani della rivoluzione: “Avvertiamo i nostri nemici che l’epoca del mordi e fuggi è finita”.
La tv pubblica iraniana ha mandato in onda le immagini dei missili balistici che illuminavano i cieli del Qatar, con canzoni patriottiche in sottofondo e i presentatori che parlavano in modo teatrale della gloria e della vittoria dell’Iran nella guerra contro le potenze imperialiste.
Linee rosse
Ma dietro le quinte, come rivelano i quattro ufficiali, i leader iraniani speravano che l’attacco limitato e il preavviso avrebbero convinto Trump a fare un passo indietro, permettendo a loro di fare lo stesso. Speravano anche che Washington spingesse Israele a interrompere gli intensi bombardamenti aerei sul paese, cominciati ben prima di quelli statunitensi sui siti nucleari iraniani e che sono continuati fino al 24 giugno.
Come ha rivelato uno degli ufficiali iraniani, i piani di guerra prevedevano che non fosse ucciso nessun cittadino statunitense, perché eventuali vittime avrebbero spinto gli Stati Uniti a compiere una ritorsione e dato il via a un nuovo ciclo di violenze. Il piano sembra aver funzionato. Trump ha dichiarato che tredici dei quattordici missili iraniani lanciati contro Al Udeid erano stati abbattuti, che nessun americano era stato ucciso o ferito, e che i danni erano minimi. Trump ha perfino ringraziato l’Iran “per il preavviso, che ha fatto in modo che non ci fossero vittime né feriti”.
“Si sono sfogati, e – speriamo – non ci sarà più odio”, ha dichiarato. Poco dopo il presidente ha annunciato che un cessate il fuoco tra Iran e Israele era imminente, anche se si è rimasti nell’incertezza fino alla mattina del 24 giugno. In quelle ore Trump ha criticato i due paesi perché non sembravano rispettare la tregua.
Secondo Ali Vaez, il direttore del programma sull’Iran dell’International crisis group, a quel punto ognuna delle parti poteva cantare vittoria, dal momento che aveva evitato il rischio di ritrovarsi coinvolta in un conflitto più ampio. “Gli Stati Uniti possono dire di aver imposto una battuta d’arresto al programma nucleare iraniano”, afferma Vaez. “Israele può dire di aver indebolito l’Iran, il suo avversario nella regione, e l’Iran può dire di essere sopravvissuto e aver respinto l’attacco di due potenze militari più forti”.
In poco più di una settimana la guerra ha fatto saltare in rapida sequenza parecchie di quelle che Teheran considerava linee rosse. Ma la propensione iraniana a combattere una guerra prolungata si era spenta. Molti iraniani si sono mobilitati per denunciare la guerra come un attacco al paese, anche se decine di migliaia di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case a Teheran e in altre città. Negozi, attività e uffici governativi hanno chiuso o funzionavano con orari limitati. Gli effetti economici sono diventati evidenti, con tassisti, operai, impiegati e altri lavoratori che già dicevano di non poter sopravvivere a lungo.
“Il nostro paese non ha la capacità di portare avanti questa guerra”, ha detto Sadegh Norouzi, capo del Partito per lo sviluppo nazionale a Teheran, durante una seduta online del consiglio municipale. “Abbiamo problemi con l’economia, problemi a mantenere il sostegno dell’opinione pubblica, e non abbiamo la stessa capacità militare e tecnologica di Israele e dell’America”.
Alcune richieste di mettere fine alla guerra sono arrivate anche da persone affiliate ai Guardiani della rivoluzione. Karim Jaffari, un analista politico vicino ai pasdaran, ha scritto sui social media che l’Iran dovrebbe concentrarsi sulla guerra con Israele e non entrare in conflitto con gli Stati Uniti. “L’unica cosa che l’Iran non desidera in questo momento è un’ampia guerra su più fronti di cui non si sono valutate bene le conseguenze”, ha scritto.
Cosa farà Teheran è ancora da vedere. Dopo l’attacco limitato alle forze statunitensi, non è detto che le ostilità siano finite. Funzionari occidentali ammettono che, nonostante le bombe americane sulle strutture nucleari iraniane, non sappiamo bene cosa sia successo alle scorte di uranio. L’Iran ha ancora la capacità di arricchirlo? Attaccherà in modi più discreti? Cercherà di negoziare la revoca delle sanzioni internazionali?
Il ministro degli esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha cominciato un’intensa attività diplomatica, andando in Turchia, Russia e Turkmenistan. Dopo gli attacchi in Qatar, Araghchi ha dichiarato ai giornalisti della televisione di stato iraniana che la guerra contro l’Iran non ha raggiunto i suoi obiettivi.
“Non sto dicendo che non abbiano causato danni”, ha detto. “Ma non hanno raggiunto l’obiettivo principale di privarci di tutte le nostre capacità né qualsiasi altro obiettivo che potessero avere”. ◆ fdl
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Questo articolo è uscito sul numero 1620 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati