I libri italiani letti da un corrispondente straniero. Questa settimana la freelance norvegese Eva-Kristin Urestad Pedersen.
Il mondo visto dalla prospettiva di un gufetto. Se non fosse una semplificazione riduttiva e tutto sommato ingiusta, l’ultimo libro di Stefano Costa si potrebbe riassumere così. Tre nidi è una sorta di fiaba moderna che racconta i timidissimi passi di un piccolo gufo verso la vita, ma lungo la strada (o durante il volo) capisce che la vita è già lì e non solo oltre la collina, quella collina che è “una mescola di cose che lui non sa”. Anche se ci sono tante cose che non sa, il gufetto ha già scoperto qualche verità importante. Osserva per esempio che “esistono uccelli soli, ma soli soli – soli anche mentre si posano sui rami o dentro le case assieme ad altri uccelli: uccelli che hanno patito tanto dolore che quasi non gli importa più del dolore degli altri uccelli, perché sono gli altri uccelli che gliel’hanno tradotto nel cuore, quel dolore”. Fa tenerezza, insomma, il gufetto di Costa. Purtroppo la tenerezza non basta per portare avanti un romanzo. E forse nemmeno una fiaba. Nonostante sia scritto bene, nonostante riesca a creare un ambiente dolce, innocente, quasi fantastico, a Tre nidi manca la capacità di coinvolgere il lettore. Non sono riuscita ad appassionarmi alle vicende del gufo. Ma forse il problema sono io. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1610 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati