Sotto il sole cocente due militanti hanno piantato un ombrellone e messo una ghiacciaia per terra. Accanto a loro fa bella mostra un pannello con una bandiera polacca e la scritta “no immigrazione”. Siamo alla frontiera tra Germania e Polonia, sulle rive dell’Oder. Un tempo il ponte che attraversa il fiume, collegando la città tedesca di Francoforte sull’Oder e quella polacca di Słubice, era un luogo simbolo del progetto europeo, dove i leader politici venivano a farsi fotografare per festeggiare l’allargamento a est dell’Unione europea. Oggi, invece, è il simbolo di chi quell’allargamento, e quindi la libertà di movimento delle persone, lo contesta.
Decine di bandiere europee sventolano lungo la passerella metallica, quasi a sfidare quello che succede sulle due rive del fiume. I due militanti appostati all’ingresso del ponte sul versante polacco fanno parte dell’organizzazione Ruch obrony granic (Movimento per la difesa delle frontiere), creata dal nazionalista polacco Robert Bąkiewicz. Raccolgono firme per un referendum “contro l’accoglienza obbligatoria dei migranti clandestini”. Si sono mobilitati dopo le presidenziali del 1 giugno, vinte dal candidato nazionalista e ultraconservatore Karol Nawrocki, del partito Diritto e giustizia (Pis).
“La Germania rimanda in Polonia migranti clandestini, ma non ha il diritto di farlo”, afferma Camilla, una studente polacca con un viso da bambina e un ciondolo raffigurante la Vergine Maria al collo. “I tedeschi non li vogliono perché non lavorano. E il nostro governo invece li aiuta. Ci sono i video su internet che lo dimostrano!”. Il piccolo stand improvvisato dai militanti di Ruch obrony granic suscita reazioni contrastanti. “Stanno sempre lì. Hanno l’aria gentile, ma quando le telecamere si allontanano, seminano il panico tra la gente”, si lamenta Beate, che gestisce un piccolo negozio di tabacchi poco lontano. “Fermano le persone sul ponte e le controllano. Controllerebbero anche me, se non lavorassi qui a fianco”, aggiunge arrabbiata, indicando i suoi capelli scuri. “Mi danno davvero sui nervi!”.
Chi crede alle bugie
Alle due estremità del ponte ci sono auto della polizia di frontiera tedesca e polacca, che sembrano sorvegliarsi a vicenda. Dal 7 luglio il contingente dei poliziotti polacchi è stata rafforzato e sono ripresi i controlli sul lato di Słubice . Cedendo alle pressioni dei gruppi di estrema destra, il primo ministro polacco Donald Tusk aveva annunciato il 1 luglio che Varsavia avrebbe reintrodotto i controlli alla frontiera con la Germania e la Lituania, una decisione “simmetrica” a quella presa da Berlino qualche tempo fa.
La Germania monitora infatti le sue frontiere orientali dall’ottobre 2023, ma ha rafforzato la vigilanza dopo la nomina del cancelliere conservatore Friedrich Merz, il 7 maggio scorso. Accusando la Polonia di non controllare adeguatamente i suoi confini esterni, le autorità tedesche rispediscono verso la Polonia i migranti non in regola che cercano di entrare in Germania, compresi i richiedenti asilo. A maggio il caso di tre somali arrestati dalla polizia tedesca mentre attraversavano il confine diretti a Francoforte sull’Oder ha suscitato un’ondata di proteste in entrambi i paesi. La Germania li ha riportati in Polonia, prima che un tribunale di Berlino annullasse la decisione, lo scorso 2 giugno. I sindacati di polizia temono un “ping-pong” alla frontiera.
“I controlli introdotti da Berlino hanno suscitato grande indignazione dal lato polacco”, conferma il vicesindaco di Słubice, Tomasz Stefanski. “Dovevano essere temporanei, ma sono stati prorogati più volte. Per noi quest’atteggiamento è una violazione unilaterale degli accordi di Schengen. Tra l’altro Słubice e Francoforte sull’Oder sono città gemellate”, aggiunge Stefanski. In un tedesco perfetto ci spiega che sua figlia studia in Germania e che si vergogna per quelli che chiama “gli autoproclamati guardiani della frontiera polacca”. “Raccontano che la polizia tedesca porta sul ponte autobus pieni di migranti per rispedirli in Polonia. È una follia. Qui non c’è nessuna ondata migratoria. L’estrema destra diffonde informazioni false e purtroppo metà della Polonia ci crede”.
“Le comunità polacca e tedesca sono molto vicine. Per noi il modo in cui è gestita la frontiera tra la Germania e la Francia è sempre stato un esempio”, sottolinea il cristianodemocratico Claus Junghanns, sindaco ad interim di Francoforte, dove il partito di estrema destra Alternative für Deutschland (Afd) ha preso quasi il 40 per cento dei voti alle ultime elezioni legislative. “Qui le persone vivono e lavorano spostandosi da una sponda all’altra del fiume”, racconta Junghanns. Poi sottolinea che a Francoforte gli immigrati non sono particolarmente numerosi, anche se la percentuale di stranieri sulla popolazione totale è “aumentata considerevolmente negli ultimi quindici anni, passando dal 3 al 18-19 per cento”. Secondo il sindaco i controlli complicano inutilmente la vita dei residenti. Oltre diecimila veicoli attraversano il ponte quotidianamente e hanno quasi tutti targhe tedesche e polacche.
Critiche reciproche
Il dispositivo di sicurezza tedesco alla frontiera è impressionante. Una decina di agenti federali appostati sotto una grande pensilina fermano in media un veicolo ogni cinque minuti, soprattutto camion, di cui controllano il carico. I mezzi con targhe polacche e lituane sono fermati più spesso degli altri. Da quando la Polonia ha messo in sicurezza la frontiera con la Bielorussia, i migranti cercano di passare per la Lituania. “Ogni giorno da qui ne transitano tra i sessanta e i cento”, spiega un agente della polizia federale tedesca, che chiede di restare anonimo. “Sono eritrei, etiopi, egiziani, a volte siriani e afgani. È la Polonia che li spinge verso la Germania. Queste persone non sanno né leggere né parlare tedesco. Non possono lavorare. Lo dicono anche i nostri interpreti. Entrano dalla Bielorussia, dove arrivano in aereo con visti concessi dalla Russia. I russi lo fanno per destabilizzare l’Europa”.
Berlino sostiene che un anno di controlli abbia portato a un calo delle richieste d’asilo di circa il 60 per cento. A giugno le domande sono state settemila. “È impossibile mettere del tutto in sicurezza una frontiera”, sottolinea Sophie Meiners, esperta d’immigrazione del centro studi German council on foreign relations. “I controlli hanno soprattutto un effetto politico e psicologico. In realtà i numeri sono in calo costante dal 2023. È difficile capire perché il governo abbia deciso di inasprire le regole”.
◆ Le informazioni diffuse dai politici di destra su un’invasione della Polonia da parte di immigrati provenienti dalla Germania sono menzogne, falsità. La creazione “spontanea” di milizie per controllare il confine è un reato, che potrebbe anche innescare un’ondata di violenza. Il nuovo portavoce del governo, nominato pochi giorni fa, dovrebbe organizzare una grande campagna per contrastare le bugie diffuse dai partiti Diritto e giustizia (Pis) e Konfederacja. Ma non lo fa. Invitato a un programma televisivo, si è limitato a dire una cosa ovvia: è sotto il governo precedente, guidato dal Pis, che sono arrivati in Polonia centinaia di migliaia di migranti, la maggior parte dei quali lavora e contribuisce al benessere collettivo. Non c’è nessuna ondata migratoria. Tuttavia una sola dichiarazione non basta a far fronte alla marea di menzogne diffuse dalla destra. Invece di dire con fermezza che solo lo stato ha il diritto di usare la forza per mantenere l’ordine e che la creazione di milizie è illegale e va perseguita, il premier liberale Donald Tusk (del partito Piattaforma civica) ha annunciato la reintroduzione dei controlli alla frontiera con la Germania e ha inviato segnali ostili anche alla Lituania. Tusk avrebbe potuto far rispettare la legge, ordinando alla polizia di cacciare gli estremisti dal confine, e spiegare che lo stato ha il compito di attuare le leggi europee e mantenere buone relazioni con i vicini, inclusa la Germania. Invece, con le sue decisioni, non solo ha giustificato le azioni dell’estrema destra, ma ha anche promosso le sue idee e ha peggiorato i rapporti con Berlino, in una fase in cui i problemi non arrivano da ovest, ma da est. Aderire alla narrazione della destra su una presunta minaccia proveniente dalla Germania, nella speranza di sottrarle il tema dell’immigrazione, è un’assurdità. Peggio: è un errore.
Witold Gadomski, Gazeta Wyborcza, Polonia
A Słubice il giro di vite imposto dalla Germania suscita forti critiche. “È da più di un anno che i tedeschi controllano i polacchi che attraversano il confine per andare a lavorare”, si lamenta Dominica, 33 anni, responsabile amministrativa in un centro per disabili della città. “Mio marito lavora in uno stabilimento Tesla vicino a Berlino. Ogni mattina perde quindici minuti per passare il confine. Allora è giusto che ci siano gli stessi controlli sul lato polacco!”. Dominica è preoccupata anche per la xenofobia dilagante e per la diffusione “su Facebook di video in cui si vedono migranti che rubano dal bagagliaio dei Flixbus e spaccano tutto”.
“I controlli sono una cosa positiva”, dichiara Pavel, collega di Dominica. “I migranti che vengono qui hanno culture diverse, aggrediscono le donne europee. Bisogna almeno controllare i camion e le persone con la pelle scura”. Dominica ammette che da queste parti la gente ha paura delle violenze sessuali. “Pensano che i migranti siano tutti stupratori. Perfino mio marito ha paura per me”.
Anche i tedeschi sono molto critici sui controlli introdotti dalla Polonia. “Non sono una soluzione”, dice Pavel, 19 anni, che ha deciso di studiare medicina in Polonia perché era più facile essere ammessi. “Bisognerebbe trovare un’intesa a livello europeo e permettere alle persone di lavorare. È troppo facile dire che i migranti sono criminali, se poi non li lasciamo lavorare”. Pavel racconta di non essere mai stato sottoposto a controlli. “Fermano soprattutto i neri”, spiega.
Poco lontano Austin, 29 anni, attraversa il ponte per andare a comprare le sigarette, che in Polonia costano la metà rispetto alla Germania. Originario della Nigeria, studia scienze all’università Humboldt di Berlino, ma vive qui, a un’ora di treno dalla capitale. “Mi controllano ogni volta che passo, anche quando sono a piedi”, racconta sorridente. “Penso che sia a causa del colore della mia pelle. Ma non voglio nemmeno pensarci”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1622 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati