Mia sorella ha 42 anni, lavora ed è sempre in emergenza: non ha tempo, non ce la fa, “solo per questa volta”. Risultato: nostra madre (70 anni, energia da centrale elettrica) le risolve la vita. Le fa la spesa, ritira pacchi, prende i bambini, cucina “perché almeno mangiano sano”. Io vedo che si stanca e che però si illumina quando mia sorella la chiama, come se quello fosse il suo mestiere. Come e quanto devo intervenire? –Lalla

Il tuo racconto mi ha fatto pensare alle scolopendre e in particolare alla loro matrifagia, una di quelle cose che la natura fa senza chiedere scusa. In pratica, dopo la schiusa, i piccoli di scolopendra si mangiano la madre. Non per sadismo, ma perché è un modo brutale e geniale per rifornirsi: il corpo della madre diventa una scorta di proteine e acqua quando fuori è tutto molto difficile. Le scolopendre, tra l’altro, sono madri molto presenti: restano con la covata, si arrotolano attorno alle uova e ai neonati, li ripuliscono e fanno un po’ da coperta vivente. Ma in certi casi – soprattutto se il cibo scarseggia – la storia può finire malissimo: i piccoli assalgono la madre e la consumano. Un sacrificio che in natura suona efficiente e che a volte lo è anche nelle famiglie: è probabile che le richieste di tua sorella diano a tua madre un senso di utilità e vitalità, che è quella luce che le vedi negli occhi quando viene chiamata. Il loro è un rapporto simbiotico di mutuo bisogno: se senti che le esigenze di tua sorella nei confronti di tua madre non lasciano spazio alle tue, parlane con loro. Ma altrimenti lasciale vivere come due scolopendre felici.
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Questo articolo è uscito sul numero 1644 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati