Il governo tedesco dovrebbe capire dalle sue stesse parole che sta giocando con il fuoco. Per motivare l’annuncio che dal 24 novembre la Germania riprenderà a fornire armi a Israele, ha dichiarato che la tregua nella Striscia di Gaza si è stabilizzata. Come dovremmo interpretare quest’affermazione? Forse che è di nuovo tempo di trasformare la regione in una polveriera pronta a esplodere?
È una svolta netta rispetto alla politica che il cancelliere Friedrich Merz aveva giustamente deciso di seguire lo scorso agosto. Merz era riuscito a imporre quello che il predecessore Olaf Scholz non aveva mai ottenuto: cioè che Israele fosse considerato responsabile per la guerra a Gaza.
Ora, con la scelta di interrompere l’embargo sulla fornitura di armi a Tel Aviv, il governo di Berlino rinuncia anche a questo, per quanto piccolo, strumento di pressione. Usare la tregua raggiunta tra Israele e Hamas come pretesto per tornare a spedire i carri armati in Israele è un segno di miopia incomprensibile. Ci sono troppi aspetti che restano incerti. Manca del tutto una prospettiva credibile per ottenere una pace duratura nella regione. La tregua finora sembra più che altro solo una scommessa. In Israele le accuse di crimini di guerra e genocidio vengono sistematicamente messe a tacere.
Cosa spinge il governo tedesco, in questa complicata situazione, a vendere di nuovo armi al paese? La prospettiva di guadagni per l’industria bellica? Cosa può garantire che, in caso di un riaccendersi del conflitto, Israele non ricominci a colpire la popolazione civile di Gaza con la stessa brutalità mostrata in più di due anni di guerra?
Forse saranno i tribunali a convincere la politica tedesca a cambiare approccio nei confronti di Israele. Di recente, il tribunale amministrativo di Berlino ha respinto diverse cause intentate da palestinesi contro la fornitura di armi tedesche, sostenendo che le esportazioni non erano più in corso. Ma dopo l’annuncio della fine dell’embargo, quest’argomentazione viene meno.
Magari quella giudiziaria può essere la via per ottenere un blocco permanente delle esportazioni di armi nella regione. ◆ nv
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Questo articolo è uscito sul numero 1641 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati