Al russo si devono alcuni termini che da qualche anno sono largamente usati e abusati nella lingua inglese: disinformazione, kompromat, Novičok. Ma la parola più straordinaria è probiv. Deriva da un verbo che significa “bucare”, o scrivere qualcosa nella barra di ricerca, ed è il nome di un servizio che permette a chiunque di comprare – per un paio di dollari sull’app Telegram o per centinaia in un sito del dark web – la registrazione di chiamate, la geolocalizzazione del cellulare o i dati relativi ai viaggi aerei di chiunque vogliate spiare in Russia. Probiv è usato da coniugi gelosi, partner d’affari curiosi e criminali di vario genere, ma negli ultimi tempi anche da giornalisti e attivisti, due categorie che tendono a sovrapporsi in Russia, dove il principale leader dell’opposizione, Aleksej Navalnyj, ricorre spesso agli strumenti del giornalismo investigativo.
Probiv è solo uno dei fattori che hanno reso la Russia il posto più elettrizzante in cui fare giornalismo investigativo. Nel paese sono nate numerose nuove testate giornalistiche, che in molti casi si servono di strumenti più convenzionali per sollevare il velo sul potere di Vladimir Putin. E cresce il numero di persone che seguono il loro lavoro online, in un paese dove lo stato controlla, direttamente o indirettamente, tutti i principali canali televisivi.
“Se hai una decina di dollari puoi trovare informazioni su chiunque”
Il boom del giornalismo indipendente e delle critiche al governo ha raggiunto in Russia un livello “che non si vedeva dalla fine degli anni novanta”, ha scritto qualche settimana fa Denis Volkov, vicedirettore del Centro Levada, un istituto che si occupa di analisi demoscopiche.
Rivelazioni sconvolgenti
Probiv ha avuto un ruolo centrale in questa rinascita. Il servizio è alla base delle sconvolgenti rivelazioni fatte alla fine del 2020 dal collettivo investigativo internazionale Bellingcat in collaborazione con il sito russo The Insider e altri partner, che hanno individuato gli agenti di un’unità segreta di spionaggio russa responsabili dell’avvelenamento di Navalnyj. Un giornalista ha speso “qualche centinaio di euro in criptovaluta” per una miniera di dati. Poi, con un sensazionale colpo di scena, lo stesso Navalnyj, lavorando con Bellingcat, ha telefonato a uno di questi agenti spacciandosi per un importante funzionario del governo e lo ha lentamente indotto a confessare. Al suo ritorno in Russia dopo essere stato curato in Germania, Navalnyj è stato immediatamente incarcerato per aver violato la libertà condizionata in un caso che lui ha definito inventato di sana pianta, ed è stato trasferito in una colonia penale.
È un paradosso straordinario: Putin vede i suoi stessi strumenti di corruzione e sorveglianza usati contro di lui da funzionari di polizia e d’intelligence sottopagati che mettono in vendita informazioni segrete. “Qualunque cosa Putin faccia continua a ritorcersi contro di lui”, dice Maria Pevčich, che dirige l’unità investigativa della Fondazione anticorruzione di Navalnyj. Probiv è quasi esclusivamente un fenomeno russo. Roman Dobrochotov, che nel 2013 ha fondato The Insider, racconta che un paio d’anni fa, quando era a Kiev, aveva chiesto a un giornalista locale dove poteva trovare i dati telefonici di una persona su cui stava indagando, e aveva scoperto con sorpresa che non era una ricerca frequente. Spiega di essersi reso conto che “la Russia è forse il paese più trasparente del mondo”, e aggiunge: “Ti bastano dieci dollari per trovare qualunque informazione su chiunque”. Il New York Times e alcune altri grandi testate occidentali non si affidano a questo mercato, applicando il principio che non si dovrebbe pagare per informazioni rubate. Anche molti giornalisti russi discutono sull’etica e la legalità di questa prassi. L’esperto di probiv di Bellingcat, Christo Grozev, ha detto di aver pagato di tasca sua (il sito informativo indipendente Meduza ha stimato la cifra in più di 13mila dollari) per smascherare alcune spie russe colpevoli di omicidio (Grozev ha confidato al Washington Post che il suo contatto lo riteneva un criminale ed era inorridito scoprendo che era un giornalista). Dobrochotov non si affiderebbe a probiv per il suo lavoro, ma ha analizzato i dati acquistati da Grozev. Altri giornalisti hanno detto che è normale usarlo per un’inchiesta, ma non citarlo in un articolo. Secondo alcuni, tuttavia, anche questo sta cambiando.
“Al pubblico non interessa se hai comprato i dati o li hai ottenuti da una fonte”, sostiene Roman Anin, fondatore di iStories, un sito investigativo non profit russo con quindici dipendenti. La sua conclusione è: “Visto che viviamo in un paese dove le autorità uccidono i leader dell’opposizione, lasciamo perdere le regole, perché queste storie sono più importanti delle nostre norme etiche”.
Basta regole
Questa porta sul mondo di Vladimir Putin si è aperta anche quando alcuni giornalisti statunitensi che si stavano occupando delle interferenze russe nelle elezioni del 2016 hanno prodotto analisi fin troppo allarmate e infinite esternazioni su Twitter. Nell’immaginario statunitense Putin era rappresentato come un burattinaio onnipotente, e chiunque avesse un nome che finiva per v era automaticamente un suo agente. Ma in realtà sono stati i russi (gestendo i loro siti ai margini della legalità o dall’estero) ad aprire squarci sulla vera Russia di Putin. E quello che hanno rivelato è un incredibile insieme di corruzione, le interferenze politiche internazionali a opera di loschi personaggi e servizi di sicurezza pronti a uccidere ma a volte inetti. Ecco alcuni esempi di queste rivelazioni. Il sito investigativo non profit Proekt ha individuato la “famiglia segreta” di Putin e ha scoperto che la presunta compagna attuale del presidente aveva accumulato un patrimonio di circa 100 milioni di dollari grazie a fonti legate allo stato russo. iStories ha usato una serie di email hackerate per documentare come l’ex genero di Putin si fosse costruito un’immensa fortuna grazie alle sue amicizie. Bellingcat, fondato a Londra, e The Insider, che ha sede in Russia, hanno identificato, con nome e foto, gli agenti russi che hanno avvelenato l’ex spia Sergej Skripal e sua figlia nel Regno Unito nel 2018. Il gruppo Rbc ha indagato sui meccanismi politici dietro la fabbrica di troll che ha interferito nelle elezioni statunitensi del 2016. Il sito Meduza ha denunciato la profonda corruzione di tutti i rami amministrativi della città di Mosca, pompe funebri comprese. La fondazione di Navalnyj ha fatto volare dei droni sopra il palazzo di Putin, una grande tenuta sul mar Nero ribattezzata dal blogger “la più grande mazzetta del mondo”. Il risultato è un video feroce e sarcastico di quasi due ore pubblicato quando Navalnyj è tornato in Russia a gennaio. Il video ha avuto più di 110 milioni di visualizzazioni su YouTube.
In questo momento parte dei mezzi d’informazione statunitensi tende a criticare la comparsa di voci alternative e di piattaforme aperte sui social network, considerandole vettori di disinformazione o strumenti di Donald Trump. La Russia serve a ricordare l’altra faccia della storia: queste nuove piattaforme hanno il potere di sfidare uno dei governi più corrotti del mondo. È per questo, per esempio, che Navalnyj ha apertamente criticato la decisione di bandire Trump da Twitter, definendola “un inaccettabile atto di censura”.
Un nuovo stile
Il nuovo giornalismo d’inchiesta russo è anche frutto di internet, e Navalnyj ha avuto un ruolo centrale nel suo sviluppo. Avvocato e blogger, ha creato su YouTube uno stile investigativo ispirato ai meme e ai formati leggeri di questa piattaforma piuttosto che alle grandi produzioni documentaristiche o alle inchieste giornalistiche.
Navalnyj non si definisce un giornalista. “Usiamo il giornalismo investigativo come strumento per raggiungere i nostri fini politici”, dice la sua assistente, Maria Pevčich (una prassi che non seguono è chiedere un commento alla persona oggetto dell’inchiesta). Di fatto, il suo rapporto con i giornalisti indipendenti a volte è complicato. Quasi tutti sono attenti a preservare la propria identità di osservatori indipendenti, non di attivisti. Criticano Navalnyj, ma gli mandano i loro articoli sperando che li faccia conoscere al suo grande pubblico, e lui a sua volta li attacca pubblicamente perché sono troppo morbidi con il Cremlino.
I nuovi siti d’informazione hanno imparato da Navalnyj. Molti hanno imitato il suo stile su YouTube. È stato lui a dimostrare che certi limiti possono essere superati. Entrambi indubbiamente beneficiano dell’omogeneità dell’informazione televisiva. E il traffico che generano online conferma che stanno stringendo un legame con l’opinione pubblica. “Osservo i numeri e penso che non sia tutto inutile”, dice Roman Badanin, fondatore di Proekt, da sempre ossessionato dalla vita segreta di Putin.
In un momento particolarmente surreale, a febbraio la giovane donna che secondo Proekt sarebbe la figlia di Putin, in una conversazione sul social network Clubhouse con l’autore dell’articolo, ha detto di essere “grata” per l’attenzione che i servizi giornalistici hanno attirato sul suo account di Instagram.
◆L’oppositore e blogger russo Aleksej Navalnyj è sopravvissuto la scorsa estate a un avvelenamento con una sostanza nervina. Dopo le cure a Berlino, il 17 gennaio è tornato a Mosca ed è stato subito arrestato. Il 2 febbraio è stato condannato a tre anni e mezzo di carcere per aver violato, con la permanenza in Germania, la libertà vigilata decisa in seguito a una condanna del 2014, giudicata illegittima dalla Corte europea dei diritti umani. Il 28 febbraio è stato trasferito nel campo di lavoro a regime duro Ik-2 a Pokrov. Navalnyj ha sempre accusato il Cremlino di essere responsabile dell’avvelenamento, accuse corroborate dall’inchiesta di alcuni siti e giornali indipendenti (tra cui Bellingcat, The Insider e Der Spiegel), che si sono serviti anche di informazioni acquisite tramite il probiv (una sorta di contrabbando digitale d’informazioni). Per anni Navalnyj ha denunciato la corruzione del Cremlino con videoinchieste diffuse in rete. L’ultima, che ha avuto più 110 milioni di visualizzazioni, s’intitola Dvorets dlja Putina (Un palazzo per Putin) e riguarda la principesca residenza costruita per il presidente russo sulle rive del mar Nero.
Roman Badanin, che ha plasmato Proekt sul modello dell’organizzazione giornalistica non profit statunitense ProPublica, nota un altro segnale di grande interesse: il sostegno finanziario del pubblico. Circa un terzo del denaro necessario per mantenere la redazione di dodici persone, spiega, oggi viene da donazioni, che sono in media di 8 dollari, un dato che rispecchia la tendenza globale delle testate giornalistiche ad affidarsi ai loro lettori. In Russia questo fenomeno è agli inizi. Un collega russo, Anton Trojanovskij, mi racconta per esempio che vicino alla fermata della metropolitana Kurskaja c’è un locale dove si può aggiungere al conto una donazione per MediaZona, fondata da due esponenti del gruppo di protesta Pussy Riot per vigilare sul sistema giudiziario russo. Ma anche le manifestazioni contro l’arresto di Navalnyj sembrano favorire l’appoggio ai mezzi d’informazione indipendenti, un fenomeno che The Bell, un altro nuovo sito indipendente, ha ribattezzato “l’effetto Navalnyj”.
Questo fenomeno potrebbe aiutare le nuove testate a navigare uno spazio legale sempre più stretto nel decennale gioco del gatto e del topo di Putin con il giornalismo indipendente. Il governo tenta anche di destreggiarsi tra l’amore dei cittadini per un’internet aperta e la minaccia che questa può rappresentare per il suo potere.
Molte nuove testate, insieme alla Bbc Russia, hanno attirato talenti da un’ondata precedente di voci indipendenti che il governo di fatto aveva estromesso dal giornalismo. Alcune, come Meduza, che ha sede in Lettonia, svolgono la loro attività all’estero. Molte hanno la sede legale all’estero, anche se i loro giornalisti vivono e lavorano a Mosca. Alcune si mantengono con finanziamenti di cui non vogliono rivelare le fonti, una vulnerabilità che il governo russo sembra voler sfruttare in base a una nuova legge che amplia le restrizioni sugli “agenti stranieri”.
In effetti, la sensazione di nuove possibilità è pari solo a quella di minaccia. Praticamente tutti i giornalisti con cui ho parlato in Russia mi hanno detto di aspettarsi che questo periodo possa finire in qualunque momento.
Dando un segnale particolarmente sinistro, la polizia il 30 gennaio ha arrestato il direttore di MediaZona, Sergej Smirnov, per aver ritwittato un’immagine che conteneva la data e l’ora di una manifestazione. È stato condannato a quindici giorni di carcere per aver violato le norme sull’organizzazione di eventi pubblici, e i giornalisti hanno discusso se la sua fosse stata incompetenza o un deliberato ammonimento ai colleghi. “Fare il giornalista indipendente in Russia è come essere un’aragosta in una pentola”, ha detto il direttore di Meduza, Ivan Kolpakov. “Ti stanno bollendo, ma non sai esattamente quando morirai”. ◆ gc
Ben Smith si occupa sul New York Times di giornalismo e comunicazione. Ha lavorato per Politico e dal 2011 al 2020 è stato direttore del sito BuzzFeed News.
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Questo articolo è uscito sul numero 1402 di Internazionale, a pagina 58. Compra questo numero | Abbonati