Gli insegnanti italiani anziani e quelli con particolari patologie temono che la riapertura delle scuole possa mettere in pericolo la loro salute.
Il 14 settembre milioni di bambini sono tornati in aula, più di sei mesi dopo la chiusura delle scuole dovuta alla pandemia di covid-19. L’Italia ha gli insegnanti più anziani di tutta l’Unione europea. Un rapporto dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), pubblicato l’8 settembre, afferma che più della metà degli insegnanti italiani della scuola primaria e secondaria ha superato i cinquant’anni e il 17 per cento i sessanta.
Inoltre 13mila docenti e non docenti non torneranno subito a scuola perché, dopo uno screening eseguito tra la fine di agosto e la prima settimana di settembre, sono risultati positivi al covid. Gli insegnanti più anziani e con problemi di salute sono preoccupati, soprattutto quelli delle elementari. Un rapporto dell’istituto superiore di sanità afferma che, degli oltre 35.500 morti in Italia per covid-19 dall’inizio della pandemia, quasi quindicimila avevano tra i 50 e i 79 anni. L’ultima circolare del ministero della salute, però, non considera l’età come un fattore di rischio per chi insegna.
Distanziamento con i bambini
“Capisco che le scuole debbano riaprire, ma non mi sento sicura. Noi faremo tamponi e analisi del sangue, ma i bambini no. La scuola elementare si basa sul contatto fisico diretto con gli alunni. Non sarà facile imporre il distanziamento”, dice Valentina Balsamo, 61 anni, che insegna alla scuola elementare Nicolò Garzilli di Palermo. Gli insegnanti e gli alunni di età superiore ai sei anni dovranno indossare sempre la mascherina quando non sono seduti al loro posto. Molte aule sono state arredate con banchi singoli distanziati di un metro. Il personale e i bambini ogni mattina dovranno misurarsi la temperatura e nelle scuole ci saranno dispenser di gel disinfettante. Chi è stato a stretto contatto con uno studente o un insegnante risultato positivo al covid-19 dovrà stare in quarantena. “Presto farò un test sierologico, ma dovrei essere testata ogni giorno per essere sicura di non avere il virus”, dice Dora Novara, 66 anni, che insegna in una scuola elementare. “Data la mia età, farò anche il vaccino antinfluenzale, ma non so cosa fanno i miei studenti quando tornano a casa dopo la scuola”.
Centinaia di insegnanti con problemi di salute o immunodepressi hanno scritto alle autorità scolastiche chiedendo di poter lavorare a distanza. Le malattie più diffuse sono quelle cardiache, oncologiche e respiratorie. “Molti colleghi che hanno queste malattie vorrebbero tornare a lavorare e a stare con i bambini, ma vorrebbero poterlo fare a distanza o insegnare a piccoli gruppi, perché è difficile rispettare il distanziamento con i più piccoli”, dice Maddalena Gissi, segretaria generale della Cisl scuola. Per essere esonerato un insegnante deve presentare i certificati di due medici che lo dichiarano a rischio. Secondo una recente circolare del ministero della salute, solo chi ha malattie gravi sarà esonerato. A chi non potrà andare in classe saranno offerti lavori che si possono fare a distanza, come occuparsi di questioni amministrative. “La circolare del ministero della salute lo dice chiaramente: sono i medici che devono giustificare l’assenza, non gli insegnanti a decidere se sono vulnerabili”, spiega Gissi. Ma gli insegnanti hanno difficoltà a farsi rilasciare i certificati: “Per giorni ho cercato invano di contattare il mio medico ”, dice Sabrina Leo, 51 anni, che insegna in una scuola materna e ha una malattia respiratoria.
Secondo l’istituto superiore di sanità, nel 95,3 per cento delle morti da covid-19, l’insufficienza respiratoria è stata la complicazione più comune. Silvia, 44 anni, affetta da lupus, una malattia cronica autoimmune, vuole tornare a lavorare nella sua scuola secondaria nel Lazio, ma ha paura: “Non solo per me, ma per i miei genitori, che sono anziani. Vengono a casa mia per aiutarmi, è questo che mi preoccupa. Prima del covid-19 lavoravo nonostante la mia malattia, ora vorrei tornare a farlo in sicurezza. Oltre al diritto all’istruzione bisogna considerare anche il diritto alla salute e al lavoro”. ◆ bt
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Questo articolo è uscito sul numero 1376 di Internazionale, a pagina 35. Compra questo numero | Abbonati