La conferenza delle Nazioni Unite sul clima (Cop30), organizzata quest’anno in Brasile, si è conclusa senza nessuna svolta. Il testo finale non include l’impegno ad allontanarsi dai combustibili fossili e posticipa finanziamenti cruciali. Tuttavia è importante che il sistema multilaterale della Cop30 abbia retto, mentre molti si aspettavano un collasso.
Su alcuni temi i paesi emergenti sono tutt’altro che uniti: la Cina considera qualsiasi intervento sulle terre rare un tentativo di intaccare il suo dominio, mentre per l’Africa un cambiamento è essenziale; sulla transizione energetica, gli stati produttori di petrolio si oppongono alla richiesta della Colombia di eliminare progressivamente i combustibili fossili. Ma le economie emergenti sono compatte su un principio: vogliono essere messe nelle condizioni di sopravvivere a un’emergenza climatica di cui non sono responsabili. Questo si traduce in finanziamenti per costruire sistemi di difesa contro le alluvioni, per sostenere l’agricoltura, proteggere le coste e ricostruire le infrastrutture dopo i disastri naturali.
Purtroppo i finanziamenti climatici sono difficili da “vendere” ai paesi ricchi. In occidente i populisti di destra si oppongono a qualsiasi spesa per il clima e per gli stranieri, e ogni proposta che combini questi due elementi entra immediatamente in un terreno politico accidentato.
Per la prima volta dal 1995 gli Stati Uniti non hanno partecipato al vertice, ma non è detto che sia stato un male. Hanno il più alto debito climatico del mondo e negli anni hanno bloccato qualsiasi misura concreta. Puntano a mantenere le industrie più importanti sul proprio territorio. In fondo non è una scelta priva di logica: secondo alcuni analisti, il caso della Cina dimostra che l’occidente ha ottimi motivi per non rafforzare troppo rapidamente i paesi meno avanzati. La delusione di oggi, però, può essere la scintilla per un’azione più incisiva domani. Il rapporto sull’adattamento climatico pubblicato quest’anno dalle Nazioni Unite non potrebbe essere più chiaro: la missione è proibitiva. I paesi in via di sviluppo hanno bisogno di più di 310 miliardi di dollari all’anno entro il 2035, ma nel 2023 ne hanno ricevuti 26.
Intanto, in assenza di un cambiamento radicale, saranno esposti alle ondate di calore, agli incendi e alle alluvioni. La Cop30 ha evidenziato una realtà semplice: solo andando oltre i gesti simbolici e gli interessi particolari il mondo potrà garantirsi un futuro. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1642 di Internazionale, a pagina 19. Compra questo numero | Abbonati