Girato in completa segretezza e vincitore della Palma d’oro a Cannes, Un semplice incidente permette a Panahi di liberarsi della “figura” del regista, protagonista dei suoi ultimi film. L’azione si svolge in un furgone. Nel retro è chiuso il probabile aguzzino di cinque personaggi che non sono in grado di identificarlo con certezza. Un operaio, un fotografo, due promessi sposi e un uomo arrabbiato devono decidere il destino di un prigioniero che potrebbe averli torturati quando erano prigionieri a loro volta. Oltre a varie intuizioni geniali sul concetto di prigionia, il film insiste su una domanda centrale: uccidere o no l’uomo catturato? Questo splendido ritorno al cinema di finzione permette a Jafar Panahi di riflettere su questioni fondamentali come la differenza tra la vendetta e la giustizia. Ma alla fine il regista iraniano lascia al pubblico il compito di giudicare se siamo della stessa pasta dei nostri aguzzini oppure no.
Camille Nevers, Libération

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1639 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati