Sono passati sette anni dall’ultimo album di Lily Allen, intitolato No shame e ben accolto dalla critica ma non dal pubblico. Il suo scarso successo dimostrava un cambiamento all’interno del pop britannico, che preferiva bravi ragazzi come Ed Sheeran. Così Allen si è allontanata dalla musica per dedicarsi a varie cose come recitare, fare podcast, lanciare una linea di sex toys. Ma quando nel 2022 Olivia Rodrigo l’ha invitata sul palco di Glastonbury è stata molto chiara a tutti la sua influenza sulla nuova generazione di popstar. Il ritorno con West end girl arriva quindi in un clima decisamente più accogliente e, nonostante prenda in prestito qualche idea da colleghe ed estimatrici come Charli XCX e PinkPantheress, non è un’operazione opportunistica: è un atto di esorcismo personale. Nel racconto della vita privata attraverso le canzoni Allen ha alzato l’asticella, lavando i panni sporchi in pubblico. I brani sono scritti con intelligenza e mordente. Se i testi faranno parlare, bisogna dire che non si tratta solo di un’opera catartica. L’artista passa attraverso vari stili e quello che tiene tutto insieme è la bellezza delle melodie, che costruiscono un’atmosfera romantica ed evocativa opposta alle vicende narrate. Per alcuni Allen sarà esagerata nella sua onestà, altri si ritroveranno nelle sue parole. Quello che è certo è che West end girl è un album sul divorzio senza pari.
Alexis Petridis, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1638 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati