Quando nel 1994 Alfredo Jaar è arrivato in Ruanda per seguire il conflitto che in poco più di tre mesi aveva sterminato quasi un milione di persone, ha assistito a qualcosa che lo avrebbe ossessionato per sempre. L’inferno si consumava sotto gli occhi di una comunità internazionale assente. Quell’esperienza è stata il punto di partenza per concepire , un percorso visivo in cui ha coinvolto venti fotoreporter, chiedendo di inviargli l’immagine più terrificante che avessero mai scattato e quella che invece dava loro più gioia.
Da qui prende vita la mostra omonima, presentata al festival Cortona on the move in collaborazione con il museo Photo Elysée di Losanna, in Svizzera. Proiettate in un ambiente immersivo, le foto cercano di ribaltare l’idea secondo cui le immagini ci lasciano ormai indifferenti. Davanti all’orrore della guerra lo spettatore attraversa una Divina Commedia contemporanea in cui il male non si esaurisce ma gli scatti più gioiosi promettono ancora una qualche forma di pace. Per Jaar “è un esercizio di equilibrio impossibile tra il mondo che è e il mondo che potrebbe essere. È un’illusione. Ma questo è il compito dell’artista: creare modelli per reimmaginare il mondo”. ◆
◆ La mostra è in corso fino al 2 novembre a Cortona, in Toscana, all’interno del festival di fotografia Cortona on the move. Il libro omonimo è stato pubblicato dalla casa editrice L’Artiere e contiene foto di: Samar Abu Elouf, Lynsey Addario, Motaz Azaiza, Véronique De Viguerie, Maxim Dondyuk, Abdulmonam Eassa, Donna Ferrato, Johanna-Maria Fritz, Olivier Jobard, Bülent Kılıç, Alice Martins, Lorenzo Meloni, Finnbar O’Reilly, Darcy Padilla, Pablo Ernesto Piovano, Hannah Reyes Morales, Lindokuhle Sobekwa, Brent Stirton, Anastasia Taylor-Lind e Laetitia Vançon.
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Questo articolo è uscito sul numero 1633 di Internazionale, a pagina 72. Compra questo numero | Abbonati