Nel quinto romanzo di Rebecca Kauffman, Vengo io da te, ambientato da qualche parte nel Midwest, conosciamo Ellen, un’autista di scuolabus cordiale, altruista e da poco divorziata. Siamo nel gennaio 1995 e la seguiamo in un appuntamento poco entusiasmante con un pensionato di nome Gary. Lei ordina il pollo, lui la bistecca e lei inventa una storia per spiegare un divorzio che ancora non riesce a comprendere. Alla fine della serata, Gary ed Ellen concordano che lui “non è adatto agli appuntamenti” e lei arriva a una conclusione: “Il prossimo Natale dovrà essere trascorso insieme, tutta la famiglia”, compresi il futuro nipotino e l’ex marito. Nei capitoli successivi conosciamo i componenti della famiglia allargata di Ellen: il figlio Paul e la nuora Corinne, ansiosi nei primi giorni di una gravidanza tanto desiderata; il padre di Corinne, Bruce, che tiene un quaderno di ricordi e pensieri per il bambino mentre affronta la demenza senile; e la madre di Corinne, Janet, che fa di tutto per dare l’impressione – almeno nelle foto – che lei e Bruce siano ancora nel fiore degli anni. C’è poi Rob, il fratello di Corinne, un venditore d’auto, bugiardo compulsivo, ha causato la fine del proprio matrimonio. Kauffman ci offre delle vignette, dei veloci quadretti, più che una visione d’insieme. Ogni scena ha il suo arco narrativo: una per esempio comincia con una scatola di tinta per capelli per uomo e finisce con un uomo addormentato accanto a un barattolo di sottaceti. Il lettore impara a rinunciare a qualunque aspettativa di continuità. All’inizio, Corinne è scioccata quando scopre che un amico di famiglia è queer, e la caratterizzazione del personaggio è dolorosamente omofoba, ma poi ci si sposta subito altrove, senza più tornare su di lui. Potremmo dire che il narratore di Kauffman funzioni come un personaggio della Nintendo che salta da un blocco all’altro, scomparendo giù nei tubi della mente di un personaggio. Con l’autrice al controller, ci spostiamo di mese in mese per conoscere un nuovo individuo e scoprire cosa lo muove. La pressione in stile Correzioni di Franzen per un ultimo Natale insieme potrebbe annunciare solo le dure verità dell’unione familiare e Kauffman ci offre, con precisione, tutte le irritazioni, le meschinità e la nostalgia di bisogni mai davvero soddisfatti. Claire Luchette, The New York Times
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Questo articolo è uscito sul numero 1631 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati