Il primo romanzo di Garrett Carr è ambientato a Killybegs, grande porto peschereccio irlandese e ogni elemento del libro e dei suoi personaggi è plasmato dal mare. Il ragazzo venuto dal mare abita un mondo in transizione, in cui le rigidità della chiesa e della famiglia si piegano sotto la spinta del vento costante. Il ragazzo che dà il titolo al libro è un bambino senza storia né famiglia, fino a quando non lo battezzano come Brendan ed è adottato da Christine e Ambrose Bonnar, che hanno già un figlio piccolo, Declan. Insieme si muovono tra le pieghe di una comunità ancorata a un’unica certezza: la natura inflessibile del mare, che domina l’intero libro e che sembra un dio, generoso ma geloso. Il mare modella ogni aspetto della vita, dall’arrivo misterioso di Brendan alla forma bassa dei bungalow costruiti nei pendii per sfuggire all’erosione dell’aria salmastra. La claustrofobia dei rapporti familiari nasce da una visione del mondo come luogo di delusione. Le piccole tirannie del dovere vestono i panni dell’amore filiale, soffocato dal linguaggio del sentimentalismo. Carr racconta queste relazioni attraverso un narratore che con sottile ironia riveste le tragedie del libro di eufemismi tipicamente irlandesi. Il romanzo impiega qualche pagina per trovare una sua voce, e le scene iniziali della scoperta di Brendan stonano leggermente con i drammi sociali che seguono. Ma l’apparente credulità della gente del posto, nel prendere la realtà per mistero, si rivela poi qualcosa di diverso, e più oscuro. Tuttavia, il romanzo compie ciò che solo l’arte può: mostrare come più verità possano coesistere in una stessa mente.
Nicholas Allen, The Irish Times
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Questo articolo è uscito sul numero 1631 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati