Il 1 settembre migliaia di persone hanno partecipato a Sanaa ai funerali di Ahmed al Rahawi, primo ministro degli huthi, e di altri undici leader dei miliziani sciiti uccisi qualche giorno prima in un raid israeliano. Al Ayyam, quotidiano yemenita con sede ad Aden, nel sud del paese, commenta che la leadership del gruppo al potere nella capitale dal 2014 è stata spazzata via quasi del tutto, proprio com’è successo alla milizia libanese Hezbollah, anche questa vicina all’Iran e decimata da Israele: “L’attacco è anche la prova che Tel Aviv ha informatori molto vicini al potere e c’è un forte odore di tradimento intorno all’operazione”. Il gruppo ha reagito arrestando decine di persone sospettate di collaborare con Israele. Inoltre il 31 agosto i miliziani hanno fatto irruzione negli uffici delle Nazioni Unite, hanno sequestrato beni e hanno arrestato undici impiegati dell’organizzazione a Sanaa e nella città costiera di Hodeida. Infine hanno minacciato d’intensificare gli attacchi contro Israele che conducono da quasi due anni nel mar Rosso, in solidarietà con i palestinesi della Striscia di Gaza. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1630 di Internazionale, a pagina 29. Compra questo numero | Abbonati