Ci stiamo dirigendo a grande velocità verso un futuro in cui farà talmente caldo che non potremo più vivere come oggi. Nei prossimi anni rischiamo di superare una serie di “soglie critiche” che potrebbero far peggiorare il caos climatico. Oggi, anche alla luce della nostra incapacità di ridurre le emissioni di CO2, aumentano gli appelli per raffreddare il pianeta ricorrendo alla geoingegneria. Ma è una buona idea?
Diversi ricercatori cominciano ad accettare l’idea che pompare nella stratosfera aerosol capaci di riflettere la luce solare potrebbe scongiurare fenomeni come l’interruzione di vitali correnti oceaniche. Però la geoingegneria comporta grossi rischi. Innanzitutto, sembra molto difficile trovare un accordo globale in tempi brevi, dunque se un paese dovesse procedere autonomamente gli effetti potrebbero essere disastrosi, a cominciare da gravi alterazioni nelle precipitazioni in tutto il mondo. E se un paese ritenesse di essere penalizzato dalle azioni di un altro, si rischierebbe una guerra climatica. Anche se si dovesse raggiungere un accordo, il processo non sarebbe semplice. Se usata nel modo sbagliato, infatti, la geoingegneria potrebbe peggiorare le cose. Al momento i modelli virtuali e gli esperimenti reali non ne garantiscono l’affidabilità. Tuttavia il tempo stringe. Prima cominceremo a usare queste tecniche e più aumenteranno le possibilità di evitare il tracollo climatico.
Molti scienziati si oppongono alla sola idea di fare ricerca nel settore, nel timore che diventi una scusa per non ridurre le emissioni. Un’argomentazione che ha meno peso in un mondo in cui il presidente degli Stati Uniti ostacola le misure per il clima senza sentire di doversi giustificare. La geoingegneria potrebbe rivelarsi una pessima idea, ma l’unico modo per verificarlo è intensificare la ricerca. E bisogna farlo ora, prima di dover adottare misure drastiche senza un’adeguata base scientifica. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1624 di Internazionale, a pagina 15. Compra questo numero | Abbonati