La dichiarazione del 21 luglio in cui 29 paesi dicono che la guerra a Gaza “deve finire immediatamente” è benvenuta e attesa da tempo, ma resta insufficiente. Il comunicato, prudente e diplomatico, parla di una “guerra”, ma quello che sta succedendo a Gaza è un genocidio commesso da uno degli eserciti più potenti del mondo ai danni di una popolazione civile intrappolata, affamata e decimata.
Dopo 21 mesi di bombardamenti incessanti, la distruzione di Gaza compiuta da Israele sfida ogni immaginazione. Sono stati massacrati più di 59mila palestinesi. Sono stati rasi al suolo ospedali, scuole, case e moschee. Le Nazioni Unite riferiscono che più di mille persone sono state uccise mentre cercavano di procurarsi da mangiare. La fame e la carestia devastano tutto il territorio.
A Deir al Balah, dove nei giorni scorsi hanno fatto irruzione i carri armati israeliani, una popolazione già costretta a spostarsi un’infinità di volte deve affrontare la mancanza di un alloggio e il rischio continuo di morire. Questa non è una guerra per la sicurezza, ma l’annientamento sistematico di un popolo. La dichiarazione condanna giustamente “il blocco degli aiuti alimentari”, l’uccisione dei civili in cerca di cibo e acqua, e la violazione del diritto internazionale contenuta nella proposta di espellere con la forza la popolazione palestinese. Inoltre condanna la violenza dei coloni ed esprime una “forte opposizione” all’espansione delle colonie israeliane in Cisgiordania. Ma le parole sono inadeguate alla realtà. Il mondo non ha bisogno di altri avvertimenti ambigui né di vuote dichiarazioni. Invece di proteggere Israele usando eufemismi, l’occidente deve pretendere una fine immediata di questo bagno di sangue, imponendo sanzioni, inchieste internazionali e processi per chi si è macchiato di crimini contro l’umanità.
Sarebbe stato lecito aspettarsi che la nazione nata dall’Olocausto, il genocidio più spaventoso della storia, avesse interiorizzato quel dramma e ne avesse tratto una lezione fondamentale: mai più, per nessuno. E invece della pace Israele ha scelto una violenza implacabile e senza fine. Il mondo deve rifiutare questa aberrazione morale. Dobbiamo fermare la strage. Un mondo che ignora un genocidio è un mondo dove nessuno in nessun luogo può sostenere di voler proteggere l’umanità. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1624 di Internazionale, a pagina 15. Compra questo numero | Abbonati