Sui vantaggi cognitivi del plurilinguismo sono stati versati fiumi d’inchiostro. Oltre ad aprire molte porte nella conversazione, pare che migliori anche le “funzioni esecutive” del cervello, un concetto piuttosto ampio che comprende la capacità di ignorare le distrazioni, pianificare compiti complessi e aggiornare le proprie convinzioni via via che arrivano nuove informazioni. Diversi studi hanno addirittura dimostrato che nelle persone bilingui la demenza insorge in media circa quattro anni più tardi. Ma i risultati di alcune di queste ricerche non sono stati confermati da altri lavori, quindi gli scienziati si sono chiesti se l’effetto sia reale e, in tal caso, in cosa consista esattamente.

La buona notizia è che non è mai troppo tardi per cominciare a imparare una lingua straniera, se volete aiutare il vostro cervello. Uno studio del 2019 ha infatti rilevato che, pur non potenziando le funzioni esecutive, un moderato apprendimento linguistico negli adulti ha l’effetto di rallentare il decadimento cognitivo legato all’età.

Chiara Dattola

I benefici maggiori li ottiene chi padroneggia completamente una seconda lingua. E questo di solito succede a chi è bilingue o a chi la parla quasi quotidianamente da molto tempo. Purtroppo un’infarinatura di francese a livello universitario non offre gli stessi vantaggi di una conoscenza profonda e di una lunga esperienza.

Passare spesso da una lingua all’altra nell’arco di una giornata (o di una chiacchierata) potrebbe essere importantissimo. Studi condotti su interpreti e traduttori hanno fornito le evidenze più solide dei vantaggi dei bilingui. Per esempio, sono più veloci dei monolingui ad alternare ripetutamente semplici problemi di addizione e sottrazione, il che suggerisce che abbiano un controllo cognitivo migliore.

Per il resto, però, è “una selva di variabili confondenti”, dice Mark Antoniou della Western Sydney university, in Australia. I bilingui sono diversi dai monolingui sotto vari aspetti. I figli dei diplomatici cresciuti all’estero potrebbero avere vantaggi cognitivi e formativi indipendenti dal bilinguismo. All’altra estremità dello spettro socioeconomico, invece, gli studi hanno rilevato che nelle zone povere del mondo i plurilingui hanno maggiori vantaggi. I ricercatori presumono che dove l’istruzione è inadeguata il bilinguismo alleni il cervello come la scuola non è in grado di fare.

Campioni a sorpresa
Paesi con il maggior numero di lingue parlate (Ethnologue)

Una fetta sopra l’altra

Anche l’età è importante. Secondo gli studi, gli effetti delle lingue sul cervello sono maggiori nei bambini e negli anziani che nei giovani adulti. I piccoli bilingui sembrano avere uno sviluppo cognitivo migliore nei primi anni, ma i compagni di scuola potrebbero raggiungerli in seguito. Da una meta-analisi è emerso che 25 studi su 45 hanno riscontrato vantaggi frutto del bilinguismo nei bambini sotto i sei anni, mentre solo 17 ne rilevano nella fascia d’età che va dai sei ai dodici.

Ellen Bialystok della York University in Canada, luminare del settore, ha paragonato la protezione cognitiva offerta dal bilinguismo in età avanzata alla copertura di una fetta di formaggio svizzero su un pezzo di pane. Fare altre attività benefiche per il cervello, come l’esercizio fisico, è come aggiungere una fetta sull’altra. Poiché i buchi si trovano in punti diversi, nell’insieme offrono una copertura maggiore.

Comunque tutti gli studi danno per assodato l’indiscusso superpotere offerto dall’apprendere una lingua: essere in grado di parlare con persone con cui altrimenti sarebbe impossibile, e capirle. Anche se i genitori non si possono scegliere e non siete bilingui dalla nascita, è un motivo più che sufficiente per provarci”. ◆ sdf

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Questo articolo è uscito sul numero 1622 di Internazionale, a pagina 104. Compra questo numero | Abbonati