◆ Con un’altezza media sul livello del mare inferiore ai tre metri, il piccolo arcipelago di Tuvalu nel Pacifico è destinato a diventare inabitabile a causa delle inondazioni, delle mareggiate e dell’erosione del suolo. Si prevede che entro il 2100 il livello del mare aumenterà di circa 70 centimetri e che l’arcipelago di atolli corallini, situato più o meno a metà strada tra l’Australia e le Hawaii, subirà inondazioni per quasi un terzo dell’anno. Il cambiamento climatico si fa già sentire anche sulle falde idriche: con l’innalzamento dei mari, l’acqua salata s’infiltra nel sottosuolo, contaminando questi serbatoi fondamentali per l’agricoltura e per l’uso potabile, e costringe le persone a spostare le proprie colture alla ricerca di acqua dolce.

Data la situazione, circa la metà dei diecimila abitanti dell’arcipelago ha già fatto domanda per partecipare a un sorteggio che mette in palio 280 visti all’anno per emigrare in Australia, il primo paese al mondo a concederli per motivi climatici. In base a un accordo tra l’Australia e Tuvalu, il sorteggio si ripeterà ogni anno. In cambio dei visti – che permettono di vivere, lavorare, studiare e chiedere la cittadinanza – l’Australia acquisisce un ruolo diretto nelle questioni che riguardano la difesa dell’arcipelago. Secondo Stephen Howes, dell’Australian national university di Canberra, intervistato da New Scientist, l’obiettivo dell’Australia è espandere la sua influenza nel Pacifico e ostacolare quella della Cina.

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Questo articolo è uscito sul numero 1621 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati