A Svjatoslav Richter non piaceva lo studio di registrazione, però forse è il pianista del quale abbiamo il maggior numero di testimonianze, quasi tutte dal vivo, ufficiali e ufficiose: più di quarant’anni di concerti con molte versioni di buona parte del suo sconfinato repertorio. È il caso anche di The lost tapes. Queste quattro sonate per piano di Beethoven sono tratte da recital che l’artista tenne nel 1965: la sonata n. 31 è dal festival che aveva fondato lui stesso alla Grange de Meslay, vicino a Tours, le altre sono tratte da un concerto a Lucerna tre mesi dopo. L’immediatezza di queste esecuzioni è sorprendente. Richter non si accontentava di replicare la sua interpretazione di un’opera, ma l’affrontava ogni volta in un modo nuovo scoprendo sempre qualcosa: la gioia della n. 18, la miriade di colori e sottigliezze della n. 28 o la serietà quasi liturgica della fuga finale della n. 31. Le registrazioni furono realizzate dai tecnici della Deutsche Grammophon, che quell’anno seguivano Richter in giro per l’Europa, e questo garantisce un suono molto accettabile. È una grande testimonianza di un interprete glorioso. Andrew Clements, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1620 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati