Il nuovo romanzo della scrittrice cilena Isabel Allende è un racconto epico che attraversa un secolo di storia sudamericana. Dalle conseguenze della prima guerra mondiale fino ai giorni nostri, la narratrice, Violeta del Valle, ripercorre la storia della sua vita in un paese dell’America del sud senza nome, sotto forma di una lunga lettera al nipote Camilo. Violeta narra della pandemia d’influenza spagnola e di come l’ha vissuta da bambina, la più piccola tra cinque fratelli, l’unica femmina. Dopo che suo padre perde tutto durante la grande depressione, la famiglia è costretta a rinunciare al comfort dell’antica villa nella capitale e a trasferirsi nel sud rurale del paese. Violeta richiama alla memoria il romanzo più celebre di Allende, La casa degli spiriti, che intreccia elementi personali e politici in una saga che attraversa decenni. Il romanzo descrive anche gli orrori delle dittature in Sudamerica, durante le quali decine di migliaia di dissidenti politici furono sequestrati, torturati e assassinati, anche con la complicità degli Stati Uniti. Il figlio di Violeta è un giornalista che cerca l’esilio, prima in Argentina e poi in Norvegia, dopo aver scoperto di essere stato inserito nella lista nera del regime e lei sospetta che il padre di suo figlio, un pilota, sia invischiato con la dittatura. Gran parte del romanzo ruota attorno alla lunga, sofferta e travagliata relazione di Violeta con quest’uomo, successiva a un matrimonio breve e insoddisfacente. Anita Snow, Los Angeles Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1619 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati