Nella notte tra l’8 e il 9 giugno 2025 la barca a vela Madleen, che fa parte del movimento internazionale nonviolento Freedom flotilla coalition, è stata fermata dalle forze armate israeliane mentre cercava di portare simbolicamente aiuti umanitari alla Striscia di Gaza e rompere il blocco imposto da Israele sul territorio palestinese.

L’imbarcazione era partita il 1 giugno dal porto di Catania, con a bordo dodici attivisti provenienti da diversi paesi, tra cui l’ambientalista svedese Greta Thunberg e l’eurodeputata palestinese-francese Rima Hassan. Dopo uno scalo in Egitto si era diretta verso Gaza ignorando gli avvertimenti d’Israele, che aveva ordinato alle sue forze armate di bloccarla. I militari ne hanno preso il controllo mentre si trovava in acque internazionali, a circa 200 chilometri dalle coste israeliane, e l’hanno dirottata verso il porto di Ashdod, nel sud d’Israele. Gli attivisti – che hanno ricevuto panini e acqua dai soldati, come mostra un video diffuso dal ministero degli esteri – sono stati fatti sbarcare e sono stati poi espulsi dal paese. Quattro francesi, tra cui Rima Hassan, si sono rifiutati e saranno portati davanti all’autorità giudiziaria per autorizzare la loro espulsione.

Su Haaretz Linda Dayan commenta la vicenda sostenendo che “è andata più o meno come previsto e tutti quelli coinvolti hanno ottenuto ciò che volevano”. Gli attivisti hanno attirato l’attenzione internazionale sul blocco navale imposto da Israele sulla Striscia di Gaza e sulla mancanza di viveri e di altri generi di prima necessità. L’esercito israeliano ha dimostrato di aver imparato la lezione dall’attacco mortale compiuto su un’altra nave della Freedom flotilla coalition, la Mavi Marmara, nel maggio 2010, quando furono uccisi nove attivisti turchi. “Gli attivisti torneranno a casa da eroi, avendo affrontato il blocco di Israele e guadagnato il distintivo d’onore che deriva dal tempo trascorso in una prigione israeliana. Il governo israeliano considererà la vicenda come una vittoria nelle pubbliche relazioni: un’intercettazione incruenta di nemici che si ritengono importanti ma sono impotenti. Tutti hanno fatto la loro parte e hanno ricevuto un mazzo di fiori e un applauso. E gli abitanti di Gaza domani si sveglieranno di nuovo affamati”.

Appuntamento a Rafah

Soumaya Ghannoushi dà una lettura diversa su Middle East Eye, affermando che la missione della Madleen era più che altro simbolica: “La Madleen non era solo una barca. Era un messaggio scolpito nelle onde”. Era la dimostrazione che la Palestina “non è più la causa di una regione, ma è diventata la coscienza del mondo”. L’iniziativa ha messo in luce non solo l’importanza della solidarietà nei confronti dei palestinesi, ma anche l’apatia della comunità internazionale, il silenzio dei paesi arabi e l’aggressività del governo israeliano, che ha criticato e screditato la missione e gli attivisti, in particolare Greta Thunberg, definita dal ministro della difesa “propagandista antisemita di Hamas”. Da questo punto di vista, la Freedom flotilla può essere considerata anche come “uno specchio”, conclude Ghannoushi: “Ci mostra il mondo com’è e come potrebbe essere. La liberazione non è un dono dei potenti. È un progetto degli impotenti”.

Nel frattempo circa tremila attivisti di tutto il mondo si sono dati appuntamento al valico di Rafah, tra l’Egitto e la Striscia di Gaza, il 15 giugno. L’obiettivo della Marcia globale su Gaza, un movimento che si definisce “civico, apolitico, pacifico e indipendente”, è di negoziare l’apertura del valico “con le autorità egiziane, in collaborazione con le ong, i diplomatici e le istituzioni umanitarie”, si legge sul suo sito. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1618 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati