Il voto dell’Italia su chi deve essere italiano
◆ Ho apprezzato la presa di posizione esplicita a favore del referendum sulla cittadinanza (Internazionale 1617), ma non sugli altri quattro quesiti referendari. La copertina mi è sembrata piuttosto fuorviante a questo proposito. Purtroppo una battaglia a mio avviso giusta e sostenuta da una forte spinta ideale, cioè quella per i diritti di chi vive, studia, lavora e paga le tasse nel nostro paese, è stata annacquata e depotenziata da un pacchetto referendario inutile, confuso e divisivo, anche all’interno dello stesso campo progressista. È troppo chiedere che qualcuno si prenda la responsabilità di questa sconfitta?
Giancarlo Perlo
Un cantiere a cielo aperto
◆ Le parole di Djarah Kan “l’identità italiana non è un museo, ma un cantiere a cielo aperto” forse ci danno fiducia in un domani migliore, ma soprattutto invitano a rimboccarci le maniche e fare qualcosa contro la diffusissima paura di essere cancellati e sostituiti, in virtù di un’identità frutto della mistificazione fascista, come scrive sempre Kan. Grazie per l’articolo.
Andrea Gallina
Poesia
◆ Di solito sorvolo la lettura della poesia, ma sono rimasta affascinata da quella del numero scorso (Internazionale 1617) paprika mamrika per l’argomento, per come viene ricordato e per la bravura della traduttrice che è riuscita a far rivivere lo stesso incanto in un’altra lingua.
Daniela Dariol Megli
Il gusto si discute
◆ L’articolo sul disgusto (Internazionale 1617) è molto interessante nella sua analisi dettagliata sulle origini, i significati e le conseguenze del gusto per l’alimentazione come pure per i rapporti sociali che ne conseguono. Anni fa in Messico, grazie ad amici che mi hanno invitato a cena, ho mangiato dei tacos a base di bruchi fritti. Superato l’impatto visivo e con un po’ di volontà ho constatato che avevano lo stesso gusto delle patatine fritte. Mi sono piaciuti ma nonostante ciò la mia reazione è ancora di forte diffidenza.
Giuliano Ferri
Errata corrige
◆ Su Internazionale 1617, a pagina 20, i cittadini dei paesi dell’Unione europea possono chiedere la naturalizzazione dopo quattro anni trascorsi in Italia, non due.
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Questo articolo è uscito sul numero 1618 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati