Lev Sergeevič Termen è una figura realmente esistita, un inventore russo, ma in questo romanzo la sua voce è interamente frutto della fantasia dell’autore che riesce a dar vita a un’opera che sembra al tempo stesso classica (con echi di Dostoevskij e Solženicyn) e profondamente contemporanea. La narrazione attraversa decenni e paesi, ma mantiene una prospettiva intima grazie alla scrittura di Termen che, confinato su una nave, tiene una sorta di diario di bordo. In realtà racconta una vita che l’ha condotto dall’alta società statunitense precedente alla grande depressione nella prigioni di Stalin. Termen era arrivato in America per promuovere la sua invenzione: “Uno strumento musicale, uno strumento dell’aria”, il cui suono è controllato dal movimento delle mani e dalla loro vicinanza a un’antenna. Questo strumento era il theremin. La sua invenzione gli offrì grandi ricchezze, con le aziende che sognavano “un theremin in ogni casa”. Ma gli offrì anche l’opportunità di servire la sua patria come spia riluttante, con agenti russi che gestivano i suoi affari e ne monitoravano ogni mossa. L’ascesa di Stalin riportò l’inventore, prosperato sotto Lenin, nel suo paese come traditore e “povero in una terra dove credevo che la povertà fosse stata abolita”. L’eco delle balene è un romanzo storico che riesce a essere contemporaneamente fresco e senza tempo.
Kirkus Reviews
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Questo articolo è uscito sul numero 1618 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati