◆ Il piano di riarmo da 800 miliardi di euro proposto dalla Commissione europea e le iniziative simili annunciate da altri paesi della Nato aumenterebbero in modo sensibile le loro emissioni di gas serra, complicando ulteriormente la lotta al cambiamento climatico, scrive il Guardian. Le forze armate sono tra i settori dello stato con la maggiore intensità di emissioni, sia perché i loro veicoli e sistemi d’arma sono realizzati con acciaio, alluminio e altri materiali la cui produzione richiede molta energia, sia perché durante le operazioni consumano grandi quantità di gasolio e cherosene. La maggior parte dei paesi non pubblica informazioni sul consumo di combustibili fossili per usi militari, ma si stima che complessivamente siano responsabili del 5,5 per cento delle emissioni globali di gas serra. Uno studio realizzato dal Conflict and environment observatory per l’ufficio delle Nazioni Unite per il disarmo si è quindi concentrato sui paesi della Nato, che sono gli unici a fornire dati in materia. Ipotizzando un aumento della spesa militare equivalente al 2 per cento del prodotto interno lordo di ogni paese esclusi gli Stati Uniti, i ricercatori hanno stimato una crescita delle emissioni compresa tra 87 e 194 milioni di tonnellate all’anno. Dato che i 31 paesi della Nato rappresentano solo il 9 per cento delle emissioni globali, gli effetti della corsa al riarmo innescata dall’invasione russa dell’Ucraina e da altre recenti tensioni geopolitiche sono probabilmente molto più consistenti.
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Questo articolo è uscito sul numero 1618 di Internazionale, a pagina 112. Compra questo numero | Abbonati