In duecento pagine suddivise in sei capitoli, l’autrice colombiana María Ospina Pizano ci porta nell’universo invisibile dei cani, di una tangara, di un istrice, di una femmina di scarabeo e delle loro lotte per sopravvivere in un mondo inospitale, aggravato dall’indifferenza umana. Il titolo del libro, ispirato a un verso del poeta precolombiano Nezahualcóyotl, invita alla riflessione: nulla ci lega alla terra, non abbiamo radici e per questo la vita è effimera, anche se è di giada, si spezza; anche se è d’oro, si rompe; anche se è piumaggio di quetzal, si lacera. Partendo dal lirismo di quel re poeta precolombiano, la scrittrice descrive un habitat che si trasforma continuamente e che impone agli animali una metamorfosi dettata dai capricci degli esseri umani che invadono, abbattono, costruiscono e ostacolano, modificando il ciclo naturale degli esseri viventi. Con prosa elegante Pizano cambia con delicatezza prospettiva, portandoci a immaginare la quotidianità di specie la cui sopravvivenza richiede saggezza e grandi capacità di adattamento.
Aída López Sosa, Milenio

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Questo articolo è uscito sul numero 1617 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati