Il 1 giugno a Boulder, in Colorado, un uomo ha attaccato con ordigni incendiari un gruppo di persone riunite per chiedere il rilascio degli israeliani tenuti in ostaggio da Hamas nella Striscia di Gaza, ferendo dodici persone. Il sospettato è Mohammed Sabry Soliman, un egiziano di 45 anni che dopo l’arresto avrebbe detto alla polizia di voler “uccidere tutti i sionisti”. Secondo le prime ricostruzioni, Soliman avrebbe pianificato l’aggressione per più di un anno. “Quello del Colorado è l’ultimo di una serie di attacchi contro persone e istituzioni ebraiche negli Stati Uniti”, scrive il New York Times. Il 22 maggio un uomo aveva ucciso a colpi d’arma da fuoco due dipendenti dell’ambasciata israeliana davanti al museo ebraico del campidoglio a Washington. Ad aprile un uomo era stato arrestato per aver appiccato il fuoco alla residenza privata di Josh Shapiro, il governatore della Pennsylvania, poche ore dopo che il politico aveva celebrato la pasqua ebraica con la famiglia. La Bbc racconta che la comunità ebraica statunitense ha visto crescere l’antisemitismo dopo l’inizio della guerra a Gaza, in cui Israele ha ucciso più di cinquantamila palestinesi, in buona parte donne e bambini. Intanto il presidente Donald Trump continua a usare i timori per l’antisemitismo per reprimere il dissenso nelle università e per attaccare gli stranieri che vivono negli Stati Uniti. Il 3 giugno le autorità dell’immigrazione hanno arrestato la moglie e i cinque figli di Soliman. Kristi Noem, segretaria per la sicurezza nazionale, ha detto che l’agenzia indagherà per capire se i familiari sapevano dell’attacco, e ha aggiunto che i loro visti sono stati cancellati, quindi potrebbero essere tutti espulsi dal paese nei prossimi giorni. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1617 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati